Testi critici

Arturo Del Muscio "GuardaMi - PORTRAITS"



Guardami.

Sono qui.

Indugia ... Lascia correre il tuo sguardo su di me. Sono qui.

Sono presente, sono qui da sempre. Esisto dal tempo in cui le stelle danzavano sospese in un respiro. Io sono qui perché tu mi possa guardare, allora non indugiare, consumami, coglimi col tuo sguardo. Bidimensionale occupo lo spazio. Ma allo spazio mi affaccio.

Spazio, quanto spazio esiste su questo lembo tirato di materia. Quanta profondità si può delineare. Hai visto?

Sono fatto come un universo. Io sono la mappa di un universo. Elementi sospesi in un perfetto equilibrio. Silenzio sinfonico. Se trattieni il respiro puoi sentire i pianeti sospirare il movimento. Qui con me puoi sentire la matita accarezzare la tela, il raspare del pennello nello scivolare sinuoso lungo i margini, laddove la grafite ha indugiato grattando dolcemente la superficie del mio mondo. Le forbici secare la carta. Se mi vedi davvero senti anche il pensiero che mi ha generato, lo scoccare della scintilla e la corsa delle mani a costruirmi.

Una canzone all’improvviso: Leggo dentro i tuoi occhi Da quante volte vivi ... La mia storia inventala tu. Io sono un’immagine, pensami agire ... Dal taglio della bocca Se sei disposto all'odio o all'indulgenza ...

Non lo so a cosa sono disposto, io so che viviamo fiumi di vita e il nostro volto è una mappa, o forse una porta. Puoi penetrare nella verità se la cerchi, puoi sostare sull’estasi della superficie increspata da un sorriso.

Occhi, labbra, naso. Labbra, occhi, naso, ma anche solo il contorno. Il perimetro come una mappa dove disegnare isole e dove tu sai che mi puoi riconoscere lo stesso. Il mio volto è un porto e lascia approdi il tuo sguardo, a trovar rifugio.

Il mio è un volto, santo o no, è il mio modo di presentarmi a te. Il mio è un volgere che richiama e sospinge. Volto che si proclama e afferma nell’apparire, estatico, fuori di me, presente alla bellezza. Estetico. Il mio è un volgere che afferma, che afferra e rende il tempo una linea drizzata.

Io sono il mito e sono il figlio geniale del Pittore divino. Fornarina amata, saettante cupido o nobile ritratto. Orgoglioso Sebastiano.

Io sono nel tempo. Sono l’antico immortale. Eroe di bronzo, io sono l’innamorato avvinto dalla bellezza che protegge una farfalla.

Io sono il genio dei cinque minuti, lo stilista immortale, sono Andy, Keith, Donatella, Gianni, venere nera. Io sono un incontro, un amico, una folgorazione.

Arturo, Elisa. Ottavio, Angelo. E Laura. Viviana, Giorgio, Daniele. E Alessandro. Io sono un ritratto di chi ha segnato il tempo, il tempo di Andrea.

Io sono the Queen.

Ecco, io sono Persone. Sono qui, entra e guarda. Vieni a scoprirmi. A conoscere ognuno di noi. Lascia socchiusa la soglia.

Gli occhi sono una porta, tu lasciala spalancata per me, lasciami apparire dentro te. Come una goccia in una caverna buia, solo un sussurro increspato, lasciamo insieme che accada. Il ritratto è una porta, socchiusa sul margine, spalancata sul pieno dell’essenza. Il ritratto è questo. 



Arturo Del Muscio "MYTHOLOGY"


La carne sotto le dita freme turgida di desiderio. I muscoli tesi e lo sguardo terso. Non conosce tempo, distratta nella bellezza, distolta dal ritmo, del gesto, spumeggiare di vita, la carne non può fuggire il desiderio. Eppure esiste un tempo, un luogo mistico, un archetipo che salva dalla passione. L’isola cui abbandonare in resta il nostro desiderio e ritrovarlo mito. Luogo e tempo in cui lasciare la tempesta altrove da noi, lasciarla distante fiammeggiante, di folgori e fragore di onde. Il desiderio che ci guerreggia nelle vene è arrossato di vita, al contrario, il rifugio è bianco, accecante dei millenni, della stessa idea. È mentale. Psicologia della distanza, censura del desiderio.

Bianco marmo, rigido, saccaroide a fior di luce. Ha questa magia la pietra, l’inanimato che diventa desiderio, che sembra piegarsi e sussurrarci che è giusto fremere d’amore. Bianca. Immota. Eppure è carne, è fremente e tesa. La puoi toccare, e ti spaventa sentirla fredda perché l’hai vista rabbrividire sotto l’acqua nello spasimo del balzo. Venere si lava per prepararti all’amore, Diana è pronta alla caccia. La giovane fanciulla rende la farfalla nelle mani dell’amore. Gli eroi tornati a riva guardano davanti a sè con le iridi cadute e le labbra dischiuse. Oltre, nel tempo che non conosce curvatura, nello spazio che si fa altero ogni sfida è superata: fiducia e pazienza esperite per abbracciare Amore. La caccia sacra che nel talamo aspetta. L’attesa di Penelope è la stessa infinita attesa dello sguardo d’amore che invocano questi marmi sbiancati nel tempo, questo bronzo annerito dal Tirreno.

Il racconto dei racconti, la parola che si narra, intreccio di emozione e divino, folgore e sentimento, amore e invidia. Storie di storie incastonate nel tempo, il triplice ritmo della generosità s’intreccia nelle mani delle sorelle. Spirito e sentimento. La classicità è pathos e ci siamo sbagliati nel credere fosse bianco. La colpa è la vendetta dell’antenato, Tempo, che ne ha portato via i colori.

Ecco che tutta la storia s’inganna ma noi siamo sicuri. Quasi rassicurati da questa idea acromatica, siamo felici e sicuri in quell’approdo, guardiamo la tempesta e ne sentiamo l’elettricità, forti della nostra idea. È il pensare che però ribalta l’assunto. Oggi, XXII secolo che avanza, sappiamo che il bianco non è che la somma di tutti i colori, tutta la dirompente cromaticità che faceva di queste statue persone immobili a sconfiggere il tempo, colori che si sono smarriti, negazione che afferma il ῥεῖ.

L’estetica neoclassica ci assicura alla terra mentre il turbine ci sorpassa. È giunto il momento di guardare Amore negli occhi, ora è il momento che la rivoluzione accada. E le mani sono fatte per restituire il cielo, sprofondare queste diafane sculture fra cosmi di galassie rivoluzionarie. Affondarle nel velluto di prati e seta glicine delicato. Oro, verde e colore che si lascia colare, carta collage e grafite. La bellezza è dirompente, la bellezza è il fuoco intorno a cui ballare. Andrea, sacerdote con il gesto elegante, invita alla ribellione. Il bianco riattiamolo di vita. 

Che non venga più la voglia di essere immobile, ebbri danziamo questa policromia perfetta.



Arturo Del Muscio "D'après RAFFAELLO"


Il cielo è terso, le nuvole spalancate sui sensi ci affascinano nel fluire della stoffa. Pittore della materia, scultore della luce. Eleganza. Il blu così acceso nelle pieghe del maphorion, il rosso così soffice nelle maniche degli abiti; simbolo di eleganza e ricchezza, le maniche più dell’abito sono il fulcro della raffinatezza, rosse o verdi, di velluto o raso. Eleganza. Nei veli fra le mani, nella piega della testa.

Un guardare attraverso raccontando l’intimità dell’amicizia, del bambino che gioca con sua madre. I colori sono un linguaggio, raccontano i sentimenti e non esiste alessitimia nella monocromia, anche quando il colore si strappa, la carta si dipinge e la pittura si fa carta. 

Scomporre il mito in colori nitidi e ritrovarlo lì intatto, esperimento di evocazione e maestria. 
Noi ora lo conosciamo e riconosciamo il prima e il dopo di lui, masse di colore plastiche, raffinatezza fiamminga e psicologia del paesaggio, pittura che scolpisce. Sintetizzando, strappando e incollando, cesellando brani di carta ecco apparire La Muta, il liocorno stretto tra le braccia. Ecco tornare Baldassare e gli sposi Doni. Ecco che Andrea ci porta nella visione di Raffaello, omaggio sublime al pittore che spaventò la natura. 

Ed è Arte che racconta questo 2020 indimenticabile, a vincere e trasfigurare, e la mascherina diventa una tavolozza per continuare a inseguire e ritrarre la bellezza, sia carta strappata o pennellata, segno di grafite.






Arturo Del Muscio "VIAGGIO MEDITERRANEO"


Sete, atavica sete, sete che spinge, trasforma e adatta. La sete della pianta, ficodindia incastonato nello sguardo, di acqua e sole. La sete è bisogno essenziale, necessità che sa fermarsi e fa mettere radice anche in terra come questa. 

Terra carsica, isola emersa dal mare, penisola della penisola, che ascende e sul mare si affaccia, ansa, precipizio panoramico, approdo errante nelle maree. Terra fragile, se l’acqua scorre la scava, la disegna, aspetta e sperimenta, capovolge il cielo: appare lago verde, pozza resistente all’assolata estate. Arenile, scogliera alta, bianco sporco calcare, rosso di terra residuale. Terra di grotte per tesori, apparizioni e madonne di calce, terra che quando la guardi è sempre sorpresa, prima volta da raccontare.

Qui il ficodindia ha trovato casa, gioiello dei muretti a secco, lungo l’arco delle litoranee nella sinuosa curva del tornare delle onde, qui è diventato una fioritura sporta alla luce meridiana che inonda ogni cosa, seme di deserto che non è più solo. Pianta che si difende con spina sottile - se la tocchi la senti, foglia come goccia, goccia su goccia cresce, pianta d’oltreoceano colore di pietra. Fiore d’incanto, impossibile da ignorare, giallo splendente, frutto appariscente rosso, arancione cupo, bianco, festoso in grappolo oppure timido e assorto. Colore opaco ma netto, succulento splendente, sotto la pelle riluce, lampadina granulosa, luminaria di festa perenne al limitare dei campi per strade impolverate.

Quanti colori questo fenomeno botanico portato per stupore, qui, in questa terra di barocco stupore. Scoprire che la pala non è foglia ma ramo adattato a custodia per acqua preziosa, acqua leniènte, acqua dove l’acqua è rara, strumento per lavare coltelli e dissetare la fatica delle bestie. Osservarlo è un sentimento cui non si può sfuggire, sempre nuovo a ogni inclinazione del sole, innamora lo sguardo. Il ficodindia è un filare di sipario che ritaglia l’orizzonte con la pala e il frutto.
In questa terra sottile la pazienza insegna all’uomo che l’acqua è profonda, come vene sotto pelle si nasconde, e se non cade in cielo sta; gli dice che ancora bisogna portare la pietra alla parete del muretto, confine, mutua sintonia fra uomo e paesaggio. Eccolo qui, frutto mistico dell’errante arrivato da lontano.

Tu lo hai mai guardato?
I turchi l’avvelenarono, il padreterno l’addolcì, infine l’uomo ne vinse l’enigma con l’arte del gesto: acqua che lava la spina, coltello veloce che ruota, incide e squarcia la buccia. Rimane la dolcezza testarda.
Tu lo hai mai disegnato, mai raccontato?

Visitatore se il tuo sguardo sa vedere osserva, se hai pazienza ritaglia e dipingi, crea. Ecco il ficodindia, pianta totemica, rivelatrice, incantesimo per chi, incantatore, sa guardare.





Arturo Del Muscio "IL CIELO E' UN VUOTO CHE CAMBIA COLORE"                                                "OMBRE NOMADI"  


Il cielo è un vuoto che cambia colore, uno spazio infinito che oltre l’atmosfera arriva al centro del movimento. Se solo ciò che è vuoto, ciò che si svuota, può contenere, dove volano le farfalle? È un contenitore quindi il cielo, dei pensieri, di una notte dei desideri, delle farfalle. Se ti chiedono di che colore è risponderai azzurro, ma quanti colori cambia? Rosso, celeste, viola, nero. Quattro stati ma sarà sempre celeste, il cielo, perché è così che pensiamo le cose, immobili nel loro mutare. 
È la luce a dar colore all’incolore, una velocità assoluta, la curvatura che dà forma allo spazio. La luce con la sua presenza denota il contorno delle cose ne prova la presenza, mai il contenuto; con la sua assenza ingigantisce lo spazio, lo allarga fino a contenere l’infinito, nell’ombra tutto ha spazio. Per noi di carne e ossa, pensieri costanti, l’ombra è un doppio in continuo mutamento, bidimensionale, un contenitore in cui lasciar sedimentare. È un contenitore l’ombra, tutto là dentro perde la propria forma, eppure senza non la dimostra.

Traccia allungata nel tramontare o schiacciata fra i piedi nel mezzogiorno, l’ombra è la prova dell’esistere. Anche le farfalle hanno un’ombra, ali di scaglie, polvere di colore, ci ammaliano e non la notiamo se non quando guardiamo a terra e ci ricordiamo di poter volare.

Il mutamento che si realizza e la leggerezza che genera tempeste, sono entrambi segreti che le farfalle e il cielo conoscono. Un segreto codificato come un tango, separarsi dall’ombra è impossibile come ballarlo soli. È un fiore che si difende e ha imparato a volare, la farfalla, ed è una danza delle cose che ci sono, in controluce, la forma. 
Nomadi, di fiore in fiore in continuo andare, le farfalle si trasformano e lasciano che il cambiamento accada, non concedono spazio all’insinuarsi del dubbio. Le farfalle sperimentano il piccolo, suggono il fiore e attraversano gli oceani. È un viaggio imperscrutabile, linea curva, consecutio di bivi, diagonali per assecondare le orbite, una spirale che ci porta ad assomigliare all’essenza. 

È un gioco aspettare il cambiamento, non bisogna lasciarsi vincere e disperdere il tempo nel cullare il bossolo, le costellazioni del desiderio arrivano solo lanciando i dadi. 

Le farfalle lo sanno. Il bruco fila la crisalide ma non si perde. Ombre leggere che ci danzano intorno, le paure dell’infanzia sono ombre che nascondono i dubbi e le incertezze, ma è nell’ombra che accogliamo speranze, facciamo l’amore e lasciamo spazio al sogno. Nell’ombra che contiene tutto e ci fa danzare intorno al sole, al caldo e al sicuro.



Mino Mazzarelli "PAN THALAS"


Oggigiorno la bionica si fa strada nella vita quotidiana trovando numerose applicazioni. È incredibile però come in Oriente anacronisticamente si conoscesse approfonditamente l’Effetto Loto ossia l’idrofobia della superficie delle foglie del loto.

Oltre che per studi accademici, nella personale ricerca spirituale mi sono imbattuto in questa pianta ritrovandomi a condividere ciò che migliaia di anni fa veniva enunciato da persone comuni, come verità assolute da sperimentare con la propria vita.

Secondo il buddismo di Nichiren Daishonin che ha come testo il “Sutra del Loto”, per raggiungere lo stato di Buddha non conta l’età o il sesso perché tutti gli esseri umani indistintamente hanno tale potenzialità. L’Illuminazione può essere descritta come lo stato vitale più alto in cui si è sempre felici a prescindere dai problemi e dalle difficoltà quotidiane cui nessuno può sfuggire.

Malgrado non siamo evolutivamente più né pesci o anfibi, nel Pan Thalas quotidiano ci incontriamo e ritroviamo ma nella conformazione odierna della civiltà, nei grigi rituali comportamentali, sembriamo tutti sconosciuti, privi di quell’essenza di umanità, privi di vita perché attaccati superficialmente a ideologie becere. Additiamo spesso l’inciviltà di qualcuno ma nel momento in cui veniamo accusati noi per primi sventoliamo un «Scagli la pietra chi è senza peccato».

Dunque io vedo l’acqua nelle opere di Andrea Mattiello come il fil rouge che mi accomuna a tutti, una pioggia che lava via ogni macchia, non senza farci male perché se abbiamo offeso la vita ne pagheremo le conseguenze secondo le leggi del Karma.

Il cambiamento nello stile di Andrea Mattiello vuole rispondere a quella sensazione più profonda che ciascuno di noi nella vita ha provato almeno una volta. Non è quel vuoto dopo una relazione finita male ma l’inquinamento dovuto alle ferite ormai imputridite dal tempo, dall’incapacità di risanarle con quello che abbiamo, neanche con le amicizie che comunque ci capiscono e sostengono. E così guardando i suoi quadri ho visto il fiore di loto descritto nella mia fede religiosa, quella melma sporca nella quale affondano le radici di una pianta dalle larghe foglie e dal candido fiore, che pare avere infiniti petali immacolati protesi in tutte le direzioni, verso tutti noi, nessuno escluso. Andrea rinasce in quel feto dal cuore pulsante, rinasce già in forma adulta perché ha la consapevolezza che le esperienze pregresse sono un tesoro inestimabile: soprattutto quel fango sarà nutrimento per l’anima e la sua evoluzione.

I pesci circoscrivono uno spazio che noi occidentali pensiamo come una fontana o un lago artificiale. Le carpe koi denotano una vita comunque presente e protetta sotto la superficie dell’acqua, una compagnia con esseri invisibili di cui sappiamo l’esistenza ma di cui non conosciamo il linguaggio. Eppure nuotando, immersi nell’amnios primordiale, possono guidarci, senza forzature e con leggerezza, fluire alla ricerca di noi stessi. Basta avere la volontà di seguirli, di ricercarli quando si nascondono, di immergerci nel loro mondo. Basta immergerci in noi stessi, alla scoperta non degli abissi ma del nostro grande io.


Arturo Del Muscio "ACQUA"

Immersi nel lago della quotidianità, densità che ci trattiene e abbraccia, ci sospinge verso l’alto con la stessa energia che ci attira in basso. Il lago delle cose in cui siamo fermi ci sostiene e ci dà sicurezza. Isostatici sappiamo restare sospesi, adattati anche alle tempeste. La papera galleggia, le carpe all’infinito tracciano ellissi. 
Siamo leggeri, trattenendo il respiro, affogando con dedizione, riemergiamo grati per il fiato concesso. Sul filo dell’apparenza superficiale il segno ripete il modello declinandone colori e forme, narrando l’evoluzione della profondità. L’acqua nasconde il fondo, la luce si piega e ingrandisce ingannandoci con una vicinanza insidiosa.

Siamo nati dal fango, dicono. Io so che dal fango dirompe il seme della ninfea attraverso gli strati subacquei, giungendo allo specchio del cielo. Rotonda la foglia della ninfea, ma cerchio segnato da un taglio, e il cerchio tagliato è occhio. Ci guardiamo riflessi, la foglia è il tappeto su cui stendere ad asciugare i nostri sentimenti, adagiato sul flusso. Dal fango, superando la stagnazione, arrivare a distendere gli innumerevoli petali, infinito che racchiude il cerchio e lo quadra. La ninfea è la perfezione.

L’acqua sta in cielo e quando è a terra lo raddoppia. Nel cielo per terra possiamo lasciar andare una barchetta, oppure indossare una maschera e immergerci, per nuotarlo finché i polmoni reggono. Il cielo diventa specchiato spazio in cui ritrovare il bambino che è in noi, l’uomo portato a ripetere i propri gesti per farli senza errori. È questa la strada per la perfezione, la corrispondenza fra idea e azione: la ripetizione.

Nella ripetizione si perde il senso? Nella ripetizione si compie il rito, il respiro, il nutrimento, l’amore. La ripetizione insegna l’umiltà dell’arrivare estremamente vicino al modello, imparando a riconoscere la distanza nel dettaglio, mai precisamente identico ma perfettamente unico. Ogni gesto si ripete, preciso in se stesso, il pennello intriso di colore traccia nuove linee e segue il filo di grafite, la radice del disegno, il quadro prende forma. Colore, istinto.

La ripetizione insegna la volontà di arrivare a scoprire il limite, il minimale della differenza per mostrare il valore profondo del gesto creativo, la vicinanza della prossimità. Le forbici e le mani sfibrano la carta, sovrapponendo ottenendo immagini. Forma, gesto, corrispondenze.

La ripetizione è ricerca ed esercizio. Evoluzione della parola detta e ridetta fino a evocare lo spirito, esercizio della pazienza. La forma tracciata e quella che il cervello ricrea. La carta e il pennello. Contemplazione, incrocio, scoperta, linguaggio.

Questo dirà di sé l’artista: Il mio idioma è campo di ninfee sotto cui scorre l’andirivieni delle carpe, i miei occhi aperti sul mondo sono laghi in cui galleggia la visione di un oggetto, le mie mani la corolla in cui il tempo rimane catturato. Ho imparato dalla memoria dell’acqua a sostenere le cose, e riflettere l’universo. 

Arturo Del Muscio "#ORIENTALFOODEXPERIENCE"


Respirare. Poter scegliere di non comunicare. Mangiare. Poter scegliere di astenersi. 

Le esigenze primarie di un uomo possono essere riassunte così: decidi cosa dire, non fare, fai entrare l’aria ad allagarti i polmoni, involontariamente, affronta l’universo per concentrarlo fra le tue mani, cucinalo. 
Banana Yoshimoto ed Io crediamo davvero che la stanza tutta per sé sia una cucina. Solo in quel luogo ci incrociamo con gli altri e tessiamo senza filtro il nostro esser per gli altri. 

La cucina è un racconto in prima persona: <<Ti preparo un caffè>>, <<Nel cassetto in alto>>, il gesto per, l’abitudine di organizzare il proprio mondo. 

Cucinare significa avere consapevolezza. Cogliere un frutto sicuri del suo sapore perché il giusto colore è quello della sua scorza, scegliere quell’ortaggio perché ha la giusta consistenza, sapere che il sale ha la memoria del mondo e che aggiunto al caffè ne amplifica l’aroma. Conoscenza e curiosità, regole e metodologia. 
La necessità si articola in complicazioni, ordine e saper confondere, ottenere l’uno dai più ingredienti. 

Il cibo è colore, apparenza, geometria, bellezza. 
Il disordine o il semplice gesto arrivato a noi attraverso i millenni della nostra famiglia. Non siamo solo quello che mangiamo, siamo soprattutto il come lo cuciniamo. Come decidiamo di demandarlo affidandoci ad altri e disinteressandoci. 
Nulla ha la capacità di raccontarci di più, neppure le nostre stesse parole, di quello che può l’abitudine di sistemare una tovaglia per uno o scongelare precotti. 
Siamo noi stessi una pietanza che con il tempo sappiamo preparare ed impiattare. Ci scegliamo e decidiamo, ci mostriamo. 
Il cibo è racconto. 
Raccontiamo l’interesse, il peso che qualcuno ha nel nostro cuore. Raccontiamo di viaggi, di quelli non fatti, la traduzione nostra di pietanze esotiche, di viaggi fatti e rimasti indelebilmente nell’abitudine di riproporre un sapore incontrato.

Il cibo è la parola che non necessita di esser pronunciata. Dizionario immaginifico del mondo. 
Dipingere il cibo è questo. Condensare l’uomo, i vizi, le passioni, le ossessioni, prendere il pieno contatto, lasciarsi andare alla penetrazione e tornare a galla nella condensazione, sapere che la necessità è la prima prova dell’esser vivi.






Dores Sacquegna "SAGOME FLUTTUANTI NELLE OPERE DI ANDREA MATTIELLO"


-Con quale etichetta cataloghi la tua opera ?
Nel momento in cui cerchiamo di definire qualcosa, chiudendolo in uno spazio limitante, impediamo alla stessa di poter essere altro, di vivere delle infinite sfumature e possibilità di quello che può essere. Mi trovo sempre in difficoltà difronte a domande come questa... Trovare un'etichetta per la mia opera significherebbe relegarla in uno schema, privarla di una parte di ciò che è. Credo che la giusta definizione di un'opera d'arte sia la somma delle definizioni che le persone che ne fruiscono riescono a darsi nella totale libertà delle loro contraddizioni.

-Penso al ricamo, alla pittura e l'utilizzo di immagini prelevate dai mass-media…Quanta importanza dai alla manualità e quanta all'idea che si cela dietro all'atto del dipingere?
Sono una persona che crea immagini in modo molto tradizionale, utilizzo colori e pennelli, ricamo con ago e filo, creo collages utilizzando immagini che rielaboro secondo la mia visione e necessità.
L'idea è la parte fondamentale del mio lavoro... inizio un'opera soltanto quando ho un'idea ben strutturata e valida nella testa o quando ho un titolo che mi convince intorno a cui poter costruire un'immagine, senza priorità. Non mi pongo limiti riguardo la provenienza dell'ispirazione, tutto può diventare spunto per essere tradotto in quadro, un'immagine, un'esperienza, una conversazione, una lettura, il testo di una canzone...
Solamente dopo che l'immagine dell'opera è ben visualizzata nella testa la trasporto su tela o carta.
Raramente preparo bozzetti, disegno direttamente sulla tela lasciando visibili i vari ripensamenti con la grafite per poi passare al colore, anche questo in linea generale già pensato, ma sempre aperto alla possibilità che l'idea iniziale di colorazione possa essere completamente ribaltata.
Indubbiamente nei miei lavori prevale la cerebralità sulla manualità e la tecnica... chiunque potrebbe colorare una delle mie tele!

-Guardando le tue opere si nota l'associazione disparata di immagini provenienti da contesti differenti per quanto sempre appartenenti alla cultura di massa. Non casuale risulta la narrativa,  il riferimento alla Pop Art americana, la presenza continua di cuori…
La mia pittura è fatta di pochi elementi facilmente riconoscibili che sapientemente miscelati fra loro creano dinamiche e narrazioni più o meno esplicite di volta in volta diverse. Per la scelta dei soggetti attingo ad immagini che possano trasformarsi in simboli, “icone” universalmente fruibili caricate di significati profondi, indipendentemente dal fatto che esse siano elementi tratti dal banale quotidiano o provenienti dal bagaglio culturale acquisito.
Sta poi ad ognuno indagare ed addentrarsi con la propria sensibilità oltre la superficie perchè i miei lavori non sono mai palesemente espliciti, si affidano ad immagini “di massa”, “carine”, per parlare di sentimenti, interiorità, situazioni personali e quindi universali.
Molto spesso la riconoscibilità del soggetto è solo un pretesto per raccontare altro. Sono immagini ferme, semplici, silenziose e calibrate, a volte altere e fredde, che contengono calore, emozioni , grida , parole non raccontate.
Mi chiedevi della presenza continua di cuori... in effetti il cuore rosso è un elemento che uso frequentemente, credo che sia un simbolo dal forte impatto visivo ed emotivo... i cuori attraggono e predispongono all'apertura positiva verso l'altro... e, in questo momento, sento il bisogno dei cuori , e credo ci sia bisogno di “cuore”.

-Credi che abbia ancora senso, nei giorni confusi che viviamo, chiedere all'opera d'arte un significato?
Credo che un'opera per essere definita “opera d'arte” debba comunicare universalmente e non c'è comunicazione se non si ha niente da dire, quindi, sì, mi auspico che un'opera d'arte abbia un significato da offrire indipendentemente dal fatto che esso venga accettato o meno da chi fruisce della stessa.
In una società in cui tutto è mutevole e si trasforma in tempi velocissimi l'opera d'arte deve essere quel punto fermo che rimane sempre attuale all'interno del processo di cambiamento, quell'elemento di cultura da cui poter costantemente attingere e fare riferimento, al di là del tempo e delle mode.

-Quali sono i tuoi riferimenti nel contemporaneo e nel passato?
Sono sempre stato affascinato dalla statuaria greca per la continua ricerca di perfezione, proporzione estetica e per quel senso di silente eternità che riesce a trasmettere e credo che si possa ritrovare qualcosa di questo nel mio lavoro. Ammirazione per la grande stagione della “natura morta” , in particolare per le composizioni floreali fiamminghe, di cui apprezzo la ricerca del dettaglio, la volontà di creare l'illusione della realtà e la tecnica sopraffina di esecuzione.


In tempi a noi più vicini mi sento molto coinvolto dall'Espressionismo Astratto americano, l'Informale e dalle figure di Burri e Fontana. Indubbiamente grande influenza sul mio modo di vedere e operare l'ha avuta la Pop Art americana e in particolare l'artista Keith Haring. Per quanto riguarda l'Italia adoro Mario Schifano.


Elsa Nervo IL PERCORSO ARTISTICO

All'inizio del suo percorso il giovane artista si lascia catturare dalla frenetica realtà del mondo esterno. Congestionati centri urbani, insieme caotici di elementi della società economica in grande dinamismo, sembrano fagocitare gli esseri umani ed i loro sentimenti. "Ma quando potrò scappare" si chiede l'Uomo che si sente compresso e costretto da una realtà matrigna che cerca di impedirgli di essere libero. Non servono denaro, scale o grattacieli, vano sembra il tentativo di scappare, correre o sostenere edifici che crollano.
Necessitano cuore ed idee nuove.
L'artista sente che i valori stanno altrove e tenta una ricerca costruttiva: "American Dream". Andrea si esprime a tinte forti, con una grafica nitida, articolata e decisa. Egli desidera comunicare le sue emozioni e la sofferta maturazione ed intanto si cimenta in una personale ricerca dei significati più autentici dell'essere umano.
Opera dopo opera la geometrica figura di un uomo inconsistente da burattino diventa soggetto pensante che si interroga e cerca di integrarsi con ciò che lo circonda. Cambiano i colori, sono più tenui e sereni; cambiano i simboli, sempre più riferiti al sentire interiore dell'uomo. Permangono dubbi ed ansie ma la figura prende consapevolezza e consistenza. Ma per ritrovarsi è necessario risalire alle proprie origini: la cellula, l'informazione genetica, la testa piena, la luce che porta energia vitale ed attiva la mente. Origini biologiche, del pensiero e dei sentimenti.
Il percorso dell'artista è lungo e faticoso, caratterizzato da tappe produttive molto varie per qualità e quantità. Andrea insiste nella sua ricerca con ammirevole tenacia: il burattino scompare e si fa Uomo.
E' un Uomo piccolo che si affaccia al mondo e mette alla prova i suoi sentimenti. Il lavoro pittorico esprime con più evidenza qualche certezza in più dell'artista. Andrea seleziona pochi elementi della realtà quotidiana in cui si trova e li utilizza come simbolo di grande contenuto espressivo. Le sue opere trasmettono serenità e cultura sia quando sono piccoli lavori sia quando sono tele di grande estensione. Lampadine, maschere, cuori rossi e fiori bianchi si staccano da sfondi di colore intenso, attivano sentimenti e danno all'osservatore  spunti per divagazioni personali.
Maschere etniche ed elementi ambientali portano a considerazioni sui luoghi di vita in cui l'Uomo è protagonista.




Nadia Presotto  LE ORCHIDEE DI ANDREA MATTIELLO

Da sempre, scrive l’ artista Andrea Mattiello sul suo blog (http://andreamatiello.blogspot.it) le orchidee hanno suscitato grande attrazione.
E’ così per tutti, anche per coloro che si avvicinano per la prima volta a questo fiore, non tanto misterioso in quanto è spalancato per mostrare tutto il suo splendore e le stravaganti forme.

Simbolo di raffinatezza e di lusso, le orchidee si presentano sensuali ed eleganti e rappresentano la perfezione spirituale.
Le orchidee dell’ artista Andrea Mattiello, come per il Fior di Loto ricorrente nei suoi lavori, mostrano tutta la loro bellezza nelle elaborazioni fotografiche, nelle tecniche miste e negli acrilici e grafite su tela.
Amabili e preziose come gioielli le opere di piccolo formato, magnifiche e attraenti le tele di grandi dimensioni.
Nell’ antica Cina le orchidee erano associate alla feste di primavera e, puntuale, Andrea Mattiello ce le presenta proprio nel mese di questa stagione.





Miriam Cristaldi  "Minimalismo - RI.CERCA.SI"

Abbandonate le grandi narrazioni, le profondità di tematiche filosofeggianti, gli artisti oggi si misurano con minime narrazioni, cioè con la precarietà e l'anonimato di piccoli fatti quotidiani che costituiscono la soggettività e l'unicità del nostro complesso esistere.

In questo senso il giovane pistoiese Andrea Mattiello carica in RI.CERCA.SI. l'oggetto circostante di significati e di energie inaspettate tra le maglie di un pensiero indiretto e sfuggente di cui l'immagine è solo un elemento relativo.

Presenza, questa, mai inerte ma costitutiva di una materia congelata che l'autore sa sciogliere in improvvisi e corrosivi atti creativi tentando di ribaltare l'asse percettivo degli eventi e di attivare l'attenzione rifacendosi a certi stilemi fumettistici e a spassosi graffitismi oscillanti tra cultura e banale quotidiano.

Così, nei suoi piccoli dipinti acrilici, disseminati nello spazio della Galleria OR, occhieggiano pupazzi, fiori, animali stilizzati, tutto facente capo all'ossessivo e ricorrente simbolo del feto come centro, vita, energia creativa da cui tutto prende avvio.



Oriana Racovaz  RI.CERCA.SI  Galleria OR


Le opere di Andrea Mattiello in mostra a cura di Oriana Racovaz presso la Galleria Or di Genova sono una piccola ma nutrita selezione di opere recenti su tela e su carta che vanno dal 2009 al 2012.
Le piccole tele esposte fanno parte di un progetto più ampio costituito da 150 opere di formato 20x20 cm realizzate con tecnica mista su tela, appunto, nel 2009 e raccolte nel catalogo “IDENTIKIT”, che accompagna la mostra.

Le opere su carta risalgono al 2010, anch'esse tecniche miste, sono parte di un ciclo di opere di formato 20x25 cm realizzate su carta Fabriano.

Il tema principale di questi lavori è legato al tema della “nascita” e alla conseguente ricerca di definizione di se' e del rapporto che lega l'uomo alla realtà che lo circonda, il tutto rappresentato dal “feto-icona”, piccolo essere raggomitolato

su se stesso (apparentemente indifeso ma portatore di grande forza) pronto a sbocciare e ad aprirsi alle esperienze del mondo esterno.

I lavori sono caratterizzati da una dominante di colore grigio (nelle varie sfumature) su cui il colore si aggiunge in un secondo momento, a poco a poco, timidamente per diventarne poi protagonista, quasi a simboleggiare un percorso nella coscienza e nella consapevolezza, una sorta di “conoscenza” alla quale si accede attraverso il percorso che ci fa attraversare la nebbia (grigio) per giungere alla luce (colore).

Il lavoro metodico di indagine sullo stesso soggetto, e quindi su se stessi, porta all'assimilazione di esso e alla conseguente volontà di indagare la realtà esterna, alla curiosità di aprirsi a nuovi temi, a scoprire un mondo “fuori”.

E' così che nascono le opere su carta, svincolate da qualsiasi filo logico o progetto mentale, ma aperte a qualsiasi idea-soggetto pronte a lasciarsi contaminare da qualsiasi influenza.

E sono i fiori, la natura e gli oggetti quotidiani, i contatti umani, sogni e pensieri in totale libertà i nuovi protagonisti dell'attuale lavoro dell'artista.

Esempio di questa nuova libertà sono le due grandi tele, “Albatros” e “Visione notturna”, entrambe cm 80x100.



Sofia Sicula  NOTES  11 dreams art gallery



L'arte nasce come traccia rituale in un percorso nomade e arriva a noi su pareti di roccia, in rilievo, incisa, dipinta con terre, carbone e grassi animali. Dal rito propiziatorio di allora al gesto liberatorio di oggi il passo può essere estremamente breve o lunghissimo a seconda dei punti di vista. Oggi chiamiamo graffito il gesto ribelle nato da mani e menti creative che qualche decennio fa hanno cominciato a coprire di segni e colori tutto ciò che sul loro cammino incontravano. Artisti come Basquiat e Haring - per i quali i riferimenti formali, attraverso Penck, Dubuffet, la Pop Art, Siqueiros, certo Surrealismo, Klee, l'Espressionismo tedesco, Schiele, Ensor, possono arrivare fino alla pittura rupestre - hanno il loro giusto posto nei più grandi musei del mondo. Anche la pittura di Filippo Biagioli e Andrea Mattiello può essere ascritta a questo modo di vivere e intendere l'arte che imprigionare in un solo stile può diventare riduttivo; si potrebbe parlare piuttosto di quel modo assai efficace ed energico, istintivo eppure, a volte, quando occorre, esattamente calcolato di coprire una superficie con segni e colori che potremmo definire senza tempo, "stile umano".
Quindi, l'arte ha iniziato il suo cammino come impronta su parete (rocciosa). A tutt'oggi vivono quegli animali graffiti che un tutt'uno erano con gli animali veri, o i corpi di quegli ominidi-artisti incisi con pochi energici segni e lontani, nella scala della storia del mondo, quanto per noi lo è ieri l'altro. Ed è la loro vitalità che noi sentiamo, insieme al segno, quanto mai attuale e come grido che rifugge la consuetudine e la noia. L'artista Biagioli avanza con la sua Analphabetic Art, non ama indugiare sui propri passi, e di ciò lascia traccia in figure - che con occhi fissi d'intorno tutto vedono - fatte di veloci esperienze, lontane vestigia, possenti frasi, giustapposizioni oniriche. Ha un andamento saltellante, a scatti la sua mano; a tratti, nell'esecuzione dell'opera, repentinamente si dissocia dalla volontà e prosegue per inerzia tracciando linee seghettate e taglienti. La pittura di Filippo Biagioli è come un tatuaggio sul muro, sulla tavola, sulla tela o su qualsiasi altra materia. Il segno e il colore, la parola, per la forza e i sentimenti con cui vengono dati, proprio come fa l'inchiostro sulla pelle, non si fermano in superficie; il loro status è essere intrinseca parte visiva e concettuale del supporto: è da questo che - sia esso appunto tela, tavola, muro o carta - il segno trae forza. L'arte del graffito, fatta anche di parola, ha il fumetto come altro lato inscindibile e complementare della medaglia. E il fumetto Biagioli lo pratica, si esprime anche attraverso di esso che si confà alla sua indole di artista a tutto campo.


La notevole varietà di situazioni, un diluvio di ambientazioni non solo fisiche e spaziali, in cui la figura-feto, forma portante e simbolo della pittura di Mattiello è venuta via via a trovarsi, si arricchisce man mano di nuove soluzioni compositive e simboliche. Soprattutto nei Feti e nelle Sirene le emozioni sono palesi, anche se non declamate, come accade in alcuni lavori, da lineamenti espliciti; a volte a possederli è la ritrosia o il dubbio, a volte la collera, altre la malinconia; altre ancora la gioia, come la Sirena che vediamo in un cielo stellato, lei, di un bianco così splendente da poter essere considerata essa stessa una stella alla ricerca di un mare da illuminare, nel quale vivere e nuotare e in cui specchiarsi. E' un lampo che in alcune tele squarcia il cielo e irrompe violentemente nella serenità e immobilità della scena o nella pace meditativa del feto, che è come un fiore ancora da sbocciare, ma che ha in sé la compiutezza e la leggiadria della natura tutta. Nella pittura di Andrea Mattiello lo spazio bianco naturale del supporto è vissuto dall'artista non come mancanza di pigmento ma come ricchezza primordiale, tessuto dalle capacità rigenerative senza il quale non potrebbero emergere quei colori che accanto ad esso brillano organizzando nel migliore dei modi il rapporto tra vuoti e pieni.

E' questa una mostra in cui il segno, esatto e conciso, si fa messaggio. Le opere di Biagioli e Mattiello, aperte a varie letture e interventi esterni, sono libri ancora non completamente scritti, quindi da ultimare; storie nelle quali il personaggio mancante è proprio lo spettatore, che è chiamato a "fare la sua parte". E' proprio questo lo spirito dell'esposizione, intitolata NOTEs, appunti; appunti di vita...forse; appunti di avvenimenti ancora da tracciare...in parte; appunti che lo spettatore può far diventare racconto...sicuramente.
 La mostra vuole proporre un ruolo del collezionista come parte attiva del processo creativo dell'opera d'arte, non solo nella scelta, ma anche nella composizione dell'opera. L'allestimento è significativo, i dipinti sono apposti su teli e sono facilmente removibili. Il collezionista viene dotato di appositi supporti sui quali applicare le opere scelte. Il risultato può rivelarsi sorprendente: è un mosaico le cui tessere (ognuna delle quali è già un'opera d'arte) sono fatte dall'artista, ma l'immagine d'insieme, che varia da individuo a individuo in base alla sua predisposizione e sensibilità, è il frutto della scelta di chi quei dipinti decide di possedere. Tale scelta finale è quella che poi sarà avallata e firmata dall'artista come opera pienamente compiuta.





Concetta Fioretti  UN GIORNO DI PIOGGIA ANDREA... MATTIELLO


arte, arte contemporanea, l'essenziale, foggia, contemporanea galleria d'arte

Andrea Mattiello rompe gli schemi. Imprime sulla tela linee morbide ed elementari per raccontare storie impegnative e con gli acrilici, gli smalti e il collage, sovverte l'istintività e la semplicità, contrapponendo al segno il messaggio. L'artista, trentenne, nato a Montecatini Terme, a Foggia è ormai di casa e, dopo essere stato protagonista di collettive e personali, torna a esporre nel capoluogo dauno la nuova linea pittorica dedicata a particolari e improvvisi temporali. L'allestimento, curato dal gallerista Giuseppe Benvenuto, è visitabile da venerdì 1 aprile e fino a sabato 30 aprile, negli ambienti della Confcommercio di Foggia ( in via Miranda 10). Luoghi in genere deputati a momenti e incontri professionali cedono il posto all'arte e alla riflessione per consentire un'ulteriore sovversione degli schemi tradizionali. Perchè Andrea Mattiello è così: attinge dalla quotidianeità, ma non è banale, si lascia ispirare dalla vita e dalla gente comune, ma non è ordinaria, tutt'al più è naturale, come il suo percorso artistico iniziato all'Istituto d'Arte e culminato con quadri e lavori differenti, ma comunque legati fra loro.

Che cosa possono aspettarsi i visitatori dal suo nuovo allestimento?
Cerco di proporre sempre qualcosa di diverso: ogni linea nuova, ogni lavoro è la tappa di un percorso, una fisiologica evoluzione dell'arte.

In effetti, anche l'ultima linea pittorica è fedele a queste parole: gli embrioni, le sagome infantili delle produzioni precedenti lasciano il posto anche agli acquazzoni, velati tra i soggetti principali.
Gli ultimi lavori celano omaggi ai temporali intesi come temporali emotivi, non come elementi o variazioni atmosferiche, ma come sconvolgimenti interiori.

Come nasce l'idea di raccontare le complessità del quotidiano con linee e sagome elementari?
Nasce dal vissuto. Mi piace pensare che la mia sia un'arte introspettiva. Provo a contenere nello spazio della tela l'essenziale, capace di raccontare l'evoluzione della persona e l'iter umano.

Quali parole utilizzerebbe per definirsi come artista?
Non so, in realtà cerco sempre di non definirmi in uno schema: mi piace pensare di essere libero mentalmente quando faccio il mio lavoro.





Filippo Biagioli  IDENTIKIT

Io Andrea lo vedo.

Lo vedo ogni giorno creare, vivere e consumare la passione che trasmette nel suo lavoro. Cosa ancor più divertente, lo vedo con gli occhi del collega... uno dei punti d' osservazione più particolari e interessanti con cui si possa avere il piacere di visionare il lavoro di un Artista.

Quello che Andrea fa su una sua tela 20x20 è un' operazione profonda e completa, il lavoro di un Autore che cerca di costruire, amare e modellare i suoi quadri.

Sembra impossibile, ma Andrea Mattiello non è un autore ripetitivo nonostante ci siano solo alcuni soggetti che si “presentano” e “ripresentano”, si rincorrono in tutta la sua produzione. L' Artista riesce ad andare “oltre” quella schiera di pittori che una volta trovata una strada piacevole e facilmente percorribile la imboccano per soddisfare l'esigenza della massa seguendola per tutta la loro carriera artistica, adagiandosi e perdendo quel sano e importante gusto per la ricerca.
Andrea invece riesce a clonare i suoi personaggi senza essere ripetitivo perché ognuno di loro è singolo a se stesso e questo diventa segno di originalità e segno di distinzione.

Quello di Andrea è un uomo che cerca, cerca sentimento, cerca emozione, cerca sensazioni e continua a cercare soprattutto se stesso. Non affranto e affannato da una ricerca forsennata, anzi rinforzato e arricchito da queste indagini interiori. Ne risulta alla fine un “Uomo Novo” che indaga e conosce se stesso e la pura essenza della Sua sofferenza... della Sua gioia... del Suo amare... della Sua incertezza di vivere. Quest' uomo possiede il primo istinto di sopravvivenza, quello di adattarsi all'ambiente che lo circonda. Diventa perciò feto, centauro, sirena, e tutto ciò che lo aiuta a continuare e percorrere la Sua via. Nello spazio pittorico delle Sue tele l' Uomo Novo acquisisce anche materiale e oggetti come filo, penne d' istrice o cunei di legno: quasi come fortificarsi rendendosi proprietario di armi, ma non necessari o volutamente usate per offesa, ma viste come mezzi per districarsi nel suo incerto cammino.

Spesso con gli occhi del collega (appunto) mi son soffermato a pensare perché l'Autore stia li a lavorare nel piccolo del suo studio a sempre più vaste variazioni dello stesso tema.

Tutto è divenuto chiaro quando ho visto questa serie di opere nella loro totalità... ed ecco affiorare il significato “grande e importante” che si dipana nell'opera di Andrea. E' come se l' Autore lavorasse ad un progetto mentale in continuo divenire, ma cosa ancor più bella è che continua a dipingere 20x20 non per correggere eventuali errori della sua creatura, bensì, per arricchirla di simboli, sentimenti ed emozioni, necessari per affrontare un lungo viaggio in cui il percorso è sempre più importante della destinazione. Ogni piccolo 20x20 è in realtà solo la parte (cellula) di un progetto mutevole più grande (organismo vivente).

Altri indicatori di ricerca dell' Autore sono colori e gesti grafici che vivono e trovano collocazione intorno alla figura-soggetto. Il colore di Andrea è vivo, pulsante ma misurato, mai lasciato al caso. Colore che diventa segno, segno che avvolge e svela le sue emozioni più nascoste e di tutto ciò che fino ad ora ha appreso.







Immagini opere della serie Identikit
http://andreamattiello.blogspot.it/p/blog-page.html




Dores Sacquegna THE EON IS A CHILD PLAYNG


andrea mattiello "nursery"
installazione composta da 16 tele cm 20x20;
acrilico, smalto e grafite; 2008


Con il Patrocinio di:
Ministero della Cultura in Grecia
Regione dell’ East Macedonia 
Thrace, Prefettura di Evros,
Municipio di Evros, Alexandropoli, Samothrace
Municipio di Atene


Museo di Palaiopolis, Samothrace


Organizzazione Generale:

Union of the Cultural Associations of Evros
ENOSI POLITISTIKON FOREON EVROU
(Ε.ΠΟ.Φ.Ε.) - Plateia Polytechniou
Alexandroupoli, PC 68100 - Greece

Presidente: Athanasios Yalamas
Coordinamento generale: Katerina Kaltsou (segretaria EPOFE)

Progetto ideato da: Polyxene Kasda 
Curatori: Pierre Cherouze, Polyxene Kasda, Dores Sacquegna

ΠΑΙ

THE EON IS A CHILD PLAYING

MOSTRA ITINERANTE ALEXANDROPOLIS, ISOLA DI SAMOTHRACE, TECHNOPOLIS ATENE, RUSSIA, CINA

18 MAGGIO – 27 SETTEMBRE 2010
L'Unione delle Associazioni Culturali di Evros è un'istituzione culturale e senza scopo di lucro che rappresenta 110 associazioni culturali attive nell'area della Macedonia orientale e Tracia che si trova al confine tra la Turchia e la Bulgaria. Nel contesto dell’anno della Biodiversità, dichiarato dall’ONU nel 2010, EPOFE ha programmato una serie di eventi culturali, nella prefettura di Evros, includendo nel campo di azioni culturali,  la sacra isola di Samothrace, come punto di convergenza di molte culture, di filosofie e di religioni.

IL TEMA DI QUEST’ANNO È “ΠΑΙ THE EON IS A CHILD PLAYING/L’ETERNITÀ È UN BAMBINO CHE GIOCA” E CHE VEDE PARTECIPI IN QUESTA GRANDE ESPOSIZIONE ITINERANTE, ARTISTI DA TUTTO IL MONDO CON  LA MISSION DI RIEVOCARE L’ARCHETIPO DEL FANCIULLO IN UNA DIMENSIONE SPIRITUALE ED INTELLETTUALE.  LE OPERE DEGLI ARTISTI IN MOSTRA ENTRERANNO A FAR PARTE DELLA COLLEZIONE PERMANENTE DELLA PINACOTECA DI SAMOTHRACE.

La mostra parte dal Museo di Scienze Naturali di Alexandropolis (18 maggio), prosegue per l’Isola di Samothrace, presso la Pinacoteca della città (22 agosto) e infine, sarà allestita ad Atene (1 settembre) presso la Technopolis del Municipio di Atene, dove  sarà inclusa a la grande mostra Athens Art 2010  curata da Takis Alexiou e al CA4S con il  patrocinio del Ministero della Cultura in Grecia. La mostra  proseguirà nel 2011 in Russia e nel 2012 in Cina.
Pittura, installazione, fotografia e tecniche miste, video arte, sono le discipline trattate dagli artisti in mostra,  selezionati da tre curatori internazionali: Dores Sacquegna, della Primo Piano LivinGallery di Lecce, Italia, Polyxene Kasda (Grecia) artista, curatrice e studiosa del mito, Pierre Chirouze, direttore dell’Associazione Culturale K-droz di Parigi, Francia.
Durante l’opening a Samothrace un gruppo di bambini greci, tra i due e i sette anni, realizzeranno una installazione collettiva dedicata  al ritorno delle Cicogne, indice della fertilità e salute dell’ecosistema. In mostra le opere di: Achilleas Papantoniou; Odysseas Papantoniou; Joziana Papada, Jason Angelou, Dora Riga e Ayshe-Mira Yashin. In contemporanea eventi e mostre dedicate al tema PAI all’Isola Patmos (a cura di M. Pesmazoglou) e a Thebes ( a cura di Constantin Angelou).
ARTISTI INVITATI: Eozen Agopian (Grecia);Takis Alexiou (Grecia); Hakan Akcura (Stoccolma); Giovanni Alfonsetti (Italia); Constantin Angelou (Grecia); Mirek Antoniewicz (Polonia), Caterina Arcuri (Italia); Marea Atkinson (Australia); Aleph Boys (Puerto Rico), Dimitra Bourouliti (Grecia); Esther Burger (Olanda); Mandra Cerrone (italia); Marina Comandini Pazienza (Italia); Daria Cornea (Romania); Giselle Diaz Campagna (Puerto Rico); Filli Cusenza(italia); Silvia De Gennaro (italia); Dellavilla (Francia); Danilo De Mitri (Italia); Giulio De Mitri (italia); Irene Domingez (Francia); Alexis Duque (Colombia); Mahnaz Dustikhah (Francia); Piero Ferroglia (Italia); Fosca (italia);Marie-Pierre Legrand (Francia); Cinzia Fresia (Italia); Polyxene Kasda (Grecia); Hilda Kelekian (Libano); Lena Kelekian (Libano); Hagop Sulahian(Libano); Angelika Korovessi (Grecia); Barbara Lichtman (Usa); Maria Luisa Imperiali (Italia); Elisa Laraia (Italia); Margherita Levo Rosenberg (Italia); Pam Longobardi (Usa); Dario Manco (Italia); Andrea Mattiello (Italia); JB Michaux (Francia); Miron Milio (Croazia), Katerina Mourati (Grecia); Juan Negroni (Puerto Rico); Antonis Papantoniou/Vim Viva (Grecia); Maria Pesmazoglou (Grecia); Kevin Samiento Navarro (Colombia); Gio Sciello (italia); Angela Spoerl (Germania); Dimitris Strouzakis (Grecia); Hagop Sulahian (Libano); Georges Syrakis (Grecia); Vera Tataro (Repubblica Ceca); Dev Udaiyan (India); Masaki Yada (Uk); Eva Vereeva (Latvia); Virginia Videa (Romania); Marilena Vita (italia); Xene (Grecia); Marjolein Wortmann (Germania); Gheorghe Zaharia (Romania).

ΠΑΙ THE EON IS A CHILD PLAYING – testo di Dores Sacquegna

L’eternità è rappresentata dal fanciullo con il cerchio dello zodiaco (o un serpente) avvolto intorno al corpo. Eraclito, il filosofo greco scrisse a questo proposito: ”Aiòn è un bambino che gioca con le tessere di una scacchiera: di un bambino è il regno del mondo".
La parola greca PAI, significa letteralmente “Bambino”. Questa parola è scritta su diversi testi sacri nel Museo di Samothrace. E proprio qui, dove anticamente tutto è nato secoli fa, avviene oggi, questa straordinaria esposizione che raccoglie le testimonianze artistiche di artisti ed intellettuali contemporanei.
Eternità, nascita, spiritualità, archetipo, gioco, viaggio, memoria, nelle opere presenti in mostra.
Sulla nascita, verte la ricerca di Andrea Mattiello e Caterina Arcuri. Il primo, realizza una serie di feti in una installazione composta da 16 tele, mentre la seconda, con la fotografia, mette in evidenza la placenta, l’organo deputato e di scambio tra la madre e il feto.
Sull’ ”archetipo del fanciullo”, l’opera pittorica di Gio Sciello, la scultura in bronzo “Fanciulla-Dea” di Giovanni Alfonsetti e “Il guerriero” nella scultura polimaterica di Giorgio Carluccio.
Matrix Natura”, il fanciullo che nasce dal fiore di loto, intessuto a mano da Filli Cusenza.
Sulla spiritualità dell’angelo-bambino, le opere fotografiche di Dario Manco e Giulio De Mitri. Il primo, pone l’accento sul bianco, sulla luce che tutto irradia e amplifica. Il secondo, si proietta sul viaggio..in una sorta di “cartoline dal mondo” in cui l’angelo-bambina, risponde alle lettere ricevute,immergendole nell’acqua che rappresenta il mare, veicolo di conoscenza e di memoria.
Sul viaggio in oniriche dimensioni, il video “Zefiro” di Elisa Laraia, dove in uno spazio bianco, Zefiro, percorre la strada simbolica della vita. In una dimensione onirica, nasce la necessità di trasferire al futuro il presente, gli oggetti tecnologici del contemporaneo si trasformano in mezzi di creazione, il bambino è inizio e fine.
Nell’opera fotografica “Marta” di Cinzia Fresia, l’artista rappresenta la meraviglia dei bambini.
Sull’ ibridazione tra reale e virtuale, l’opera fotografica di Danilo De Mitri, che rappresenta la mitografia dei giovani ragazzi contemporanei nell’auto-immedesimarsi nei ruoli degli eroi del fumetto o della fantascienza.  “Puer Aeternus” è  lo stato di crisalide profetizzato da Jung. Il bozzolo da cui nasce la vita della farfalla. Fosca, interpreta il concetto con un bambino che ha tra le mani la luce. Stato di grazia che emerge dal buio. Con la “Scatola del sogno infranto” è il titolo  dell’ installazione fotografica di Silvia De Gennaro che come in un gioco optical di specchi si apre ai ricordi e alle fantasie dei ragazzi che hanno perso la possibilità di giocare o di vivere quel sogno o quella realtà. Un’opera triste ma che fa ragionare su più livelli sociali.
Il fanciullo che c’è in te” nell’opera fotografica in doppia riflessione  di Mandra Cerrone e Marilena Vita con “The Kingdom’s mine”.
Facendo le capriole” è il titolo dell’installazione di Margherita Levo Rosenberg, che è ispirato al gioco che tutti i bambini conoscono e a cui piace osservare il mondo capovolto. Attratta dalla trasparenza del vetro, del silicone e dalle pellicole radiografiche, l’artista crea delle spettacolari installazioni che investigano la complessità delle lingue e che analizzano la relazione fra pensiero, verbo, azione ed emozione.
Nella scultura polimaterica “Give me food for my brain”, di Maria Luisa Imperiali, troviamo un corpo in mutazione continua, capace di scappare al cannibalismo visuale che caratterizza la società contemporanea.  Sulla nostalgia e i ricordi delle cose perdute, l’opera pittorica di Masaki Yada.
Sul rapporto tra uomo e natura, sui materiali artefatti della cultura di massa e della plastica tossica che viaggia nei mari, l’installazione dedicata alla “Nike di Samothrace” di Pam Longobardi.  Il “Bambino di Samothrace”, nell’accattivante illustrazione di Marina Comandini, moglie dell’indimenticato Andrea Pazienza.
Sull’ infinito l’opera dell’artista Antonis Papantoniou,sull’interpretazione di PAI l’opera di Dev Udaiyan, sul rapporto tra uomo e natura l’opera di Barbara Lichtman. Il bambino del futuro con Mirek Antoniewicz, sull’equilibrio, la scultura di Angelika Korovessi, sul rapporto tra natura, ecosistema  e globalizzazione, la scultura polimaterica e il totem “Doodling” di  Polyxene Kasda.
Sulla vita sulla terra l’installazione pittorica di  Piero Ferroglia e sull’universo l’opera di Marea Atkinson.
La tematica dell’ecosistema si amplifica con la presenza dei video artisti Hakan Akcura, Giselle Diaz Campagna, Aleph Boys, interessante anche l’opera di Constantin Angelou, più sublimati i disegni di Eozen Agopian, Marie-Pierre Legrand, Mahnaz Dustikhah, Vera Tataro, Dellavilla. Fortemente simbolico il totem di Gheorghe Zaharia. Sulle Cicogne le opere di Virginia Videa, e sui giochi dei ragazzi le opere di Dimitra Bourouliti, Miron Milio. Poetica ed evocativa l’opera di Esther Burger, più spirituale l’opera di Marjolein Wortmann, enigmatica l’opera di Georges Syrakis.




Dores Sacquegna  RITORNO ALLE ORIGINI




Ritorno alle origini è un richiamo al senso della vita, e ha come obiettivo comune quello di analizzare aspetti e temi che ruotano intorno alle grandi domande sulla nascita e la condizione dell’uomo e sul mito e la maternità. Protagonisti di questa doppia personale, due giovani artisti dell’area toscana ed una collaborazione professionale che dura dal 1999 quella tra Andrea Mattiello e Rossana Bonciolini e che si sviluppa con un approccio all’arte attraverso differenti discipline: pittura e disegno per Andrea e scultura policroma per Rossana.
 Per Andrea Mattiello l’ossessiva ricerca sul cerchio che diventa cellula, origine, sfera, perfezione, contenitore di informazioni, i geni che determinano ogni organismo vivente. Le figure emergono dal fondo sospese in composizioni dai forti contrasti cromatici che rendono articolato e dinamico il rapporto tra l’individuo e la realtà che lo circonda. Un piccolo uomo raggomitolato su se stesso in posizione fetale concentrato sul mondo.L’artista compone una serie di installazioni pittoriche (Nursey, Baby on red carpet, Conversazione, In my memory, Croce e delizie, Baby-light, Piccoli di Kappa, etc) dei pochoir dal sapore pop per ricreare nello spettatore una nuova sensorialità, quasi ipnotica, mimetica, cangiante ad ogni apparizione, ad ogni punto di vista. E così nel gioco ludico dei colori emerge il soggetto ed il suo spazio. 

Rigorose e sottilmente poetiche le sculture in terracotta policroma di Rossana Bonciolini che riflette su temi come amore e psiche, maternità, madre,erotismo, prosperità con un segno coloristico tribale e che ricorda gli antichi disegni rupestri legati ad ancestrali simbologie di caccia e di matematiche nascoste. Nel suo lavoro porta con sé una tensione semplice, lineare e allo stesso tempo vorticosa che trasfigura le opere e le spinge verso un centro profondo e infinito (vedere le opere legate al caos cosmico : come Galassia, Futura,Guerriera di luce, Marea, tempesta tra Terra e Cielo). Vari sono i materiali usati: terraglia bianca e colorata, argille refrattarie, argille rosse e policrome o smaltate che restituiscono un senso di sacralità alla rappresentazione. Per entrambi gli artisti, immobilità e dinamismo creano una sintesi tra sperimentazioni pop e senso di ritorno all’origine, in un vorticoso tunnel verso la luce di una contemporaneità pittorica e visiva più che viscerale.



Immagini dell'allestamento della mostra



Elsa Nervo  CELLULE

L'attuale produzione artistica di Andrea Mattiello rappresenta una intensa ed importante fase di selezione e di sintesi.
Elementi già presenti in opere precedenti, liberate dei loro contesti, sono ora approfonditi ed utilizzati per un nuovo progetto pittorico.

La sensazione è che Andrea abbia scelto con sicurezza le figure che nel segno della continuità gli consentono di presentare il suo attuale sentire. La riflessione enucleata con convinzione e chiarezza si concentra sull'Uomo come soggetto biologico e scrigno di valori.

L'omino fluttuante, prima sagoma piatta, diventa tridimensionale in quanto si materializza; la sua figura appariva corpo vuoto in un ambiente pieno e denso, ora diventa Persona.

"Cellule" è il soggetto delle opere recenti.

Struttura costitutiva degli organismi, la cellula è essa stessa organismo quindi simbolo di Vita. 
La rappresentazione pittorica piena e colorata richiama in modo forte l'attenzione dell'osservatore sul significato della vita e sui valori etici e culturali dell'uomo.

Il filo rosso, rappresentato già forse in cerca di nuovi significati, diventa filamento interno alla cellula, condizione imprescindibile per la sua stessa esistenza. Il simbolismo porta oltre alla cellula e focalizza il pensiero sull'essenziale della vita: il filamento di DNA che è sintesi di tutto ciò che riguarda la vita.

La figurina fluttuante è ora organismo reale e anche portatore di informazione e di conoscenza. Colori brillanti e bene assortiti, sfondi sereni e armonici, tratti decisi e figure discrete danno forza e carattere alle opere di quest'ultimo periodo. 

Appare evidente il processo di maturazione dell'artista , la continuità della sua ricerca tecnica ed espressiva, il desiderio di guardare sempre più dentro all'Uomo e coglierne gli aspetti più nobili ed i valori più profondi e significativi che possano promuovere comportamenti coerenti e corretti.

La conoscenza è la luce dell'umanità e Andrea esprime con convinzione " c'è bisogno di luce ". Le opere sono sempre positive, lasciano trasparire serenità e fiducia in un'evoluzione salvifica dell'Uomo. L'omino non è più in balia del mondo esterno ma è capace di capire e decidere: la sua testa piena pesa e gli impedisce di volare, sarà il sapere a rimettergli le ali e fargli ritrovare la sua identità.

La vivace creatività artistica e l'intenso lavoro introspettivo daranno sicuramente ad Andrea idee ed argomenti per raccontarci ancora tanto di noi tutti e del nostro vivere.




Elsa Nervo  PEOPLE OF THE WORLD



Andrea Mattiello ha realizzato un'opera, "People of the World", che ha fornito la spunto per tanti lavori che nell'insieme sono l'espressione di un gioco articolato di composizione grafica e pittorica.
Quattro elementi semplici e ben distinti sono tessere da unire o disgiungere.
Con la vivacità del ragazzo che si lascia prendere dal gioco del momento Andrea Mattiello racconta varie storie e propone percorsi differenti invitando altri a partecipare al dialogo. In poco più di un mese (Agosto 2008) l'artista produce 303 lavori di rielaborazione, sviluppo ed approfondimento dei temi di base : maschera, volto, cerchio, lampadina.
Andrea si esprime con una grafica netta decisa e ben tracciata. Figure ordinarie e quotidiane diventano argomenti di riflessione, simboli di emozioni e sentimenti.
Il titolo della serie "People of the World" sintetizza bene il pensiero dell'autore che ci presenta Gente del Mondo in modo essenziale: egli sa evidenziare con forza l'importanza della "comunicazione": fenomeno chiave dell'essere, del sentire e del sapere.
La Maschera è finzione, puo nascondere, ma è anche mezzo per esprimere e per dire.
Con Volto, Occhi, Bocca e Mente l'Uomo può mettersi in modi diversi in relazione con l'esterno: trasmettere e ricevere.
Il cerchio diventa cellula, origine, sfera, perfezione, insieme, contenitore di informazioni : i geni che determinano ogni organismo vivente.
La Lampadina è luce ed energia, condizione essenziale per la Vita.
I colori forti di sfondi, linee ed oggetti rendono attiva e dinamica l'opera pittorica mettendo in risalto i soggetti o il soggetto tematico presentato.
Talvolta l'artista fa riferimento nello specifico ad una questione, uno spunto culturale, una proposta da discutere. Altre volte egli narra lasciando liberi i suoi pensieri e richiamando così l'attenzione dell'osservatore per nuovi percorsi ed altre considerazioni. Molti sono i lavori che aprono temi diversi da rielaborare ed incrociare, smontare e riassemblare.
Le composizioni realizzate con materiali diversi, insoliti ed occasionali, sono esempi forse ingenui ma molto rappresentativi del continuo impegno di ricerca dell'artista.




Elsa Nervo  DETERMINAZIONE

La sperimentazione " People of the World " si è conclusa con proposte interpretative diverse.

Ognuno ha potuto giocosamente e liberamente comporre e scomporre gli spunti che l’artista ha dato con i suoi lavori di ricerca.
Andrea ha maturato la sua riflessione culturale ed artistica che propone con un nuovo ciclo produttivo in cui sviluppa ed approfondisce un argomento di sintesi.
“Il cerchio diventa cellula, origine, sfera, perfezione, insieme, contenitore di informazioni : i geni che determinano ogni organismo vivente.”
Senza incertezze ed indeterminazioni appare l’Uomo.
Non più figura inconsistente, solo idea, contenitore ancora vuoto: ora ha preso forma, i caratteri si sono determinati, l’indefinito si è fatto realtà.
Così il burattino sta diventando bimbo: quasi riproposta di un Pinocchio non più bugiardo, somaro ed irriconoscente ma sincero, pronto a conoscere e capace di amare.
Artista introspettivo, analista attento e sensibile Andrea Mattiello continua la sua ricerca sui valori e sui sentimenti dell’Uomo.
Cosa ci racconta quella figurina di bimbo appena sbocciato alla Vita? 

Egli ora è Persona, scrigno di tesori ancora in embrione, ricchezza di affetti e saperi che dovranno trovare il modo per definirsi ed esprimersi.

Una linea, nera o bianca, con tratto deciso e continuo delimita il piccolo Uomo; sembra avvolgerlo e proteggerlo, ne fa risaltare l’individualità mentre lo inserisce nel contesto pittorico.

La figura spicca su sfondi a tinte forti in una composizione di contrasto cromatico che rende articolato e dinamico il rapporto tra l’individuo e la realtà che lo circonda.

Un piccolo essere, raggomitolato su se stesso ancora in posizione fetale, sta elaborando i suoi pensieri e le sue sensazioni mentre fa capolino nel mondo concreto.

Talvolta sembra perdere consistenza, farsi fantasma, ma la capacità di conoscere e trasmettere sentimenti ricompongono l’Uomo.

La produzione artistica di Andrea esprime chiaramente questa sua convinzione. 
Anche quando l’opera rappresenta tanti piccoli soggetti ognuno sembra chiederci

“ where is my happiness ? ”



Franco Ruinetti



Un uomo geometrico, certamente disegnato, ma sembra fatto di carta, nuota nel cielo della notte oppure nelle albe fredde, suggestive e mai così pensate precedentemente. E’ dato incontrarlo in varie opere pittoriche di Andrea Mattiello. Diciamo che è un simbolo fortemente allusivo. E’ l’uomo di sempre, sempre più attuale e vero. Risulta stretto e costretto negli spigoli della geometria, delle regole, però tende verso l’alto, alla libertà, verso i valori della bellezza, del mistero e della poesia. Ma la creatività va oltre e, nella continuità del linguaggio,raggiunge esiti che sorprendono. Ogni quadro è come un colpo di sonda dentro l’uomo, dentro se stesso. Ecco, quindi, combinazioni di immagini, essenziali per una sintesi acuta, che portano alla riva della coscienza motivi colti nelle profondità dell’io.

Il silenzio è nero come il buio fitto che s’incontra e scontra col rosso carico di energia vitale. L’intonazione generale di ciascuna opera tende a trasmettere, in chi si ferma e guarda con attenzione, un senso di quiete e nello stesso tempo accende curiosità. E’ piacevole sostare in queste ombre peste, che talvolta contengono vedute aeree di blu cupo formicolante di stelle, ma poi ci si chiede quale sia il significato, cosa voglia dire l’una o l’altra proposta.

In un dipinto compare la sagoma scura di un uomo. Al posto della testa c’è il vuoto del cielo. Sulla camicia è impresso un cuore. Si affermano sovrani l’equilibrio, la compostezza grafica. Poche immagini, ricco il significato. L’amore vince sul raziocinio e solleva l’essere umano negli spazi siderali. Talvolta, davanti a certe esecuzioni artistiche di Andrea Mattiello, si resta sconcertati e in esse, da principio, ci si perde. Quei colori attraggono, quei percorsi segnici sono come una musica che quantomeno fa compagnia. E poi, magari, in tanta libertà espressiva, ecco una linea rossa diritta, un tracciato rigido e rigoroso. Allora vengono in mente delle idee e forse, ciascuno a suo modo, comincia a capire e prova soddisfazione.

Certi dipinti, dalle forme spesso così scarne, portano lontano. Sembra conducono nelle radure del tempo, ci fanno sentire cittadini dell’universo.



Elsa Nervo  AMERICAN DREAM

Il ciclo " american dream " segna un momento di sofferta maturazione dell'artista.

I tragici eventi dell'11 settembre in America, le tante vicende belliche in atto in diverse parti del mondo, timori, paure ed incertezze evidenti nelle popolazioni hanno un forte impatto emotivo sul giovane pittore.

Egli sente il bisogno di esprimersi ed inizia un percorso alla scoperta di "se stesso " e dei sentimenti profondi che determinano l'agire dell' Uomo.


Le opere del ciclo -american dream - si caratterizzazo per l'intensità dei colori, la dinamicità e l'articolazione della composizione. Elementi di fondo che richiamano la realtà esterna: palazzi, stelle e striscie, grafici e monete sono i riferimenti alle vicende che stavano minando il sogno americano e non solo. In primo piano una semplice architettura bianca porta l'osservatore a considerazioni sulla realtà interiore. La solida struttura del tempio diventa la grande forza che può dare fiducia all'uomo e riaccendere la speranza nel futuro. Gli omini producono un grande sforzo per sorreggere il tempio perchè sono consapevoli del fatto che solo così si potrà ricominciare a costruire. 

Il giovane artista rompe con gli schemi pittorici precedenti per cimentarsi in una ricerca personale tra illusioni e disillusioni. 

I quadri di Andrea Mattiello ricordano bene ansie e dubbi di quei tristi giorni della nostra storia ed aprono la mente alla riflessione su quanto si può dare per se stessi e per la società.


Angelo Calabrese

La grinta di Andrea Mattiello è tutta dentro la sua scelta pittorica: una forza pensosa, ironica per radici, che alimenta un repertorio di evidenze, assemblate come in un puzzle, in un caleidoscopio di compresenze, lucide a smalto, attrattive quindi per meglio proporsi all'occhio del fruitore che dopo il facile incantamento della pelle festosa, avverte il disagio del suo tempo mercificato in un inferno senza riscatto.

Ho avuto occasione di meravigliarmi della sua vasta produzione, che denunciava la festa frenetica al potere del danaro con i miraggi dei grattacieli, con le mistificazioni che propongono idoli di libertà nei ritmi frenetici dei consumi: c'erano le monetine e le monetone che, come "ultracorpi", invadevano i residui spazi umani e non davano possibilità di ri-connessione al multiforme cromatico caotico che pubblicizza appunto la festa del nostro disastro.

Una coerente evoluzione, ed un'altrettanto maturata consapevolezza, hanno essenzializzato la pittura di Mattiello: i suoi labirinti tragici, e a festa, trovano i passi in fuga della sagoma umana, il suo vagare al vano, ora che ha il medesimo spessore della pubblicità pubblicizzata: il pupazzo, senza sogni e senza innocenza che, se vuole esistere, deve produrre solo per consumare. Intorno c'è un guazzabuglio di cose, c'è il degradato verniciato, ci sono le facciate; manca la corporeità degli uomini, è vietata la scelta comportamentale, sono traditi gli istinti.

Andrea Mattiello nella sua ironia grida forte: esige che gli siano, come uomo, restituita i piedi per andare, le mani per fare, il cervello per pensare, perché non si trova nelle identificazioni di vita e merce dì un mondo che gioca al massacro, che inventa streghe e magie nere, torture e crocifissioni, genocidi e fanatismi vendicativi solo per innalzare torri babeliche di miliardi al dio consumo.

Intanto fumano le macerie, i bambini muoiono, la violenza incalza, lo spreco vernicia di sangue gli astri del 2000.

Le sagome burattine di Andrea Mattiello danzano sul deserto di scacchiere sulle quali potenti burattinai guidano i fili tesi che li fanno agire. Ignoti i burattinai, forti gli interrogativi; forse le stesse tessere di un puzzle, chissà dove e quando pensato, si sono perdute e gli uomini che hanno in testa il denaro, che hanno le sembianze dei protagonisti celebrati sulla carta moneta, avranno la medesima sorte della valuta in tempi di svalutazione.

Il rischio di nuovi credenti in una società divaricata, lontana dalla scintilla creativa cara al gesto michelangiolesco è fortemente avvertito nel terzo millennio: il prezzo è il pregio.

Andrea Mattiello è bene avviato e opera con molta coerenza; ha una fantasia forte e organiche scelte cromatiche che rendono alla giusta evidenza il suo progetto creativo: gli artisti agiscono per chiaroveggenza e intuizione.

Chi ha gli anni dalle ombre lunghe lavora di memoria, apprezza la gioventù impegnata e, intanto, torna col pensiero a "Purgatorio dell'Inferno" dell'incisivo Edoardo Sanguinetti. Tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta il poeta giustapponeva, enumerandoli, una serie di oggetti, di personaggi, di eventi storici, e, dietro ogni cosa o fatto, invitava il figlio Alessandro a girare pagina e vedere il denaro. Dal cielo dei satelliti alle autostrade, alla moda, ai libri, ai prodotti industriali, alla spesa quotidiana, agli inganni dei sensi e dei sentimenti, ai falsi della storia e delle ideologie, sempre, voltando pagina, si vede il denaro. E poi? Erano tempi insospettabili eppure ad Alessandro veniva dato come scontato:

"... e questo è il denaro,
e questi sono i generali con le loro mitragliatrici, e sono i cimiteri
con le loro tombe, e sono le casse di risparmio con le loro cassette
di sicurezza, e sono i libri di storia con le loro storie:
ma se volti il foglio, Alessandro, non ci vedi niente:".
Attenzione ai due punti in conclusione, indicano che il discorso si ripete.


Autonomamente lo ha ripreso un giovane pittore con il quale ci congratuliamo.





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