Arturo Del Muscio "GuardaMi - PORTRAITS"
Guardami.
Sono qui.
Indugia ... Lascia correre il tuo sguardo su di me.
Sono qui.
Sono presente, sono qui da sempre. Esisto dal tempo in cui le stelle danzavano sospese in un respiro.
Io sono qui perché tu mi possa guardare, allora non indugiare, consumami, coglimi col tuo sguardo.
Bidimensionale occupo lo spazio. Ma allo spazio mi affaccio.
Spazio, quanto spazio esiste su questo lembo tirato di materia. Quanta profondità si può delineare. Hai
visto?
Sono fatto come un universo. Io sono la mappa di un universo. Elementi sospesi in un perfetto
equilibrio. Silenzio sinfonico. Se trattieni il respiro puoi sentire i pianeti sospirare il movimento. Qui con
me puoi sentire la matita accarezzare la tela, il raspare del pennello nello scivolare sinuoso lungo i
margini, laddove la grafite ha indugiato grattando dolcemente la superficie del mio mondo. Le forbici
secare la carta. Se mi vedi davvero senti anche il pensiero che mi ha generato, lo scoccare della scintilla
e la corsa delle mani a costruirmi.
Una canzone all’improvviso: Leggo dentro i tuoi occhi Da quante volte vivi ... La mia storia inventala tu. Io
sono un’immagine, pensami agire ... Dal taglio della bocca Se sei disposto all'odio o all'indulgenza ...
Non lo so a cosa sono disposto, io so che viviamo fiumi di vita e il nostro volto è una mappa, o forse
una porta. Puoi penetrare nella verità se la cerchi, puoi sostare sull’estasi della superficie increspata da
un sorriso.
Occhi, labbra, naso. Labbra, occhi, naso, ma anche solo il contorno. Il perimetro come una mappa dove
disegnare isole e dove tu sai che mi puoi riconoscere lo stesso. Il mio volto è un porto e lascia approdi il
tuo sguardo, a trovar rifugio.
Il mio è un volto, santo o no, è il mio modo di presentarmi a te. Il mio è un volgere che richiama e
sospinge. Volto che si proclama e afferma nell’apparire, estatico, fuori di me, presente alla bellezza.
Estetico. Il mio è un volgere che afferma, che afferra e rende il tempo una linea drizzata.
Io sono il mito e sono il figlio geniale del Pittore divino. Fornarina amata, saettante cupido o nobile
ritratto. Orgoglioso Sebastiano.
Io sono nel tempo. Sono l’antico immortale. Eroe di bronzo, io sono l’innamorato avvinto dalla bellezza
che protegge una farfalla.
Io sono il genio dei cinque minuti, lo stilista immortale, sono Andy, Keith, Donatella, Gianni, venere
nera. Io sono un incontro, un amico, una folgorazione.
Arturo, Elisa. Ottavio, Angelo. E Laura. Viviana, Giorgio, Daniele. E Alessandro.
Io sono un ritratto di chi ha segnato il tempo, il tempo di Andrea.
Io sono the Queen.
Ecco, io sono Persone. Sono qui, entra e guarda. Vieni a scoprirmi. A conoscere ognuno di noi. Lascia
socchiusa la soglia.
Gli occhi sono una porta, tu lasciala spalancata per me, lasciami apparire dentro te. Come una goccia in
una caverna buia, solo un sussurro increspato, lasciamo insieme che accada. Il ritratto è una porta,
socchiusa sul margine, spalancata sul pieno dell’essenza. Il ritratto è questo.
Sono presente, sono qui da sempre. Esisto dal tempo in cui le stelle danzavano sospese in un respiro. Io sono qui perché tu mi possa guardare, allora non indugiare, consumami, coglimi col tuo sguardo. Bidimensionale occupo lo spazio. Ma allo spazio mi affaccio.
Spazio, quanto spazio esiste su questo lembo tirato di materia. Quanta profondità si può delineare. Hai visto?
Sono fatto come un universo. Io sono la mappa di un universo. Elementi sospesi in un perfetto equilibrio. Silenzio sinfonico. Se trattieni il respiro puoi sentire i pianeti sospirare il movimento. Qui con me puoi sentire la matita accarezzare la tela, il raspare del pennello nello scivolare sinuoso lungo i margini, laddove la grafite ha indugiato grattando dolcemente la superficie del mio mondo. Le forbici secare la carta. Se mi vedi davvero senti anche il pensiero che mi ha generato, lo scoccare della scintilla e la corsa delle mani a costruirmi.
Una canzone all’improvviso: Leggo dentro i tuoi occhi Da quante volte vivi ... La mia storia inventala tu. Io sono un’immagine, pensami agire ... Dal taglio della bocca Se sei disposto all'odio o all'indulgenza ...
Non lo so a cosa sono disposto, io so che viviamo fiumi di vita e il nostro volto è una mappa, o forse una porta. Puoi penetrare nella verità se la cerchi, puoi sostare sull’estasi della superficie increspata da un sorriso.
Occhi, labbra, naso. Labbra, occhi, naso, ma anche solo il contorno. Il perimetro come una mappa dove disegnare isole e dove tu sai che mi puoi riconoscere lo stesso. Il mio volto è un porto e lascia approdi il tuo sguardo, a trovar rifugio.
Il mio è un volto, santo o no, è il mio modo di presentarmi a te. Il mio è un volgere che richiama e sospinge. Volto che si proclama e afferma nell’apparire, estatico, fuori di me, presente alla bellezza. Estetico. Il mio è un volgere che afferma, che afferra e rende il tempo una linea drizzata.
Io sono il mito e sono il figlio geniale del Pittore divino. Fornarina amata, saettante cupido o nobile ritratto. Orgoglioso Sebastiano.
Io sono nel tempo. Sono l’antico immortale. Eroe di bronzo, io sono l’innamorato avvinto dalla bellezza che protegge una farfalla.
Io sono il genio dei cinque minuti, lo stilista immortale, sono Andy, Keith, Donatella, Gianni, venere nera. Io sono un incontro, un amico, una folgorazione.
Arturo, Elisa. Ottavio, Angelo. E Laura. Viviana, Giorgio, Daniele. E Alessandro. Io sono un ritratto di chi ha segnato il tempo, il tempo di Andrea.
Io sono the Queen.
Ecco, io sono Persone. Sono qui, entra e guarda. Vieni a scoprirmi. A conoscere ognuno di noi. Lascia socchiusa la soglia.
Gli occhi sono una porta, tu lasciala spalancata per me, lasciami apparire dentro te. Come una goccia in una caverna buia, solo un sussurro increspato, lasciamo insieme che accada. Il ritratto è una porta, socchiusa sul margine, spalancata sul pieno dell’essenza. Il ritratto è questo.
Arturo Del Muscio "MYTHOLOGY"
La carne sotto le dita freme turgida di desiderio. I muscoli tesi e lo sguardo terso. Non conosce tempo, distratta nella bellezza, distolta dal ritmo, del gesto, spumeggiare di vita, la carne non può fuggire il desiderio. Eppure esiste un tempo, un luogo mistico, un archetipo che salva dalla passione. L’isola cui abbandonare in resta il nostro desiderio e ritrovarlo mito. Luogo e tempo in cui lasciare la tempesta altrove da noi, lasciarla distante fiammeggiante, di folgori e fragore di onde. Il desiderio che ci guerreggia nelle vene è arrossato di vita, al contrario, il rifugio è bianco, accecante dei millenni, della stessa idea. È mentale. Psicologia della distanza, censura del desiderio.
Bianco marmo, rigido, saccaroide a fior di luce. Ha questa magia la pietra, l’inanimato che diventa desiderio, che sembra piegarsi e sussurrarci che è giusto fremere d’amore. Bianca. Immota. Eppure è carne, è fremente e tesa. La puoi toccare, e ti spaventa sentirla fredda perché l’hai vista rabbrividire sotto l’acqua nello spasimo del balzo. Venere si lava per prepararti all’amore, Diana è pronta alla caccia. La giovane fanciulla rende la farfalla nelle mani dell’amore. Gli eroi tornati a riva guardano davanti a sè con le iridi cadute e le labbra dischiuse. Oltre, nel tempo che non conosce curvatura, nello spazio che si fa altero ogni sfida è superata: fiducia e pazienza esperite per abbracciare Amore. La caccia sacra che nel talamo aspetta. L’attesa di Penelope è la stessa infinita attesa dello sguardo d’amore che invocano questi marmi sbiancati nel tempo, questo bronzo annerito dal Tirreno.
Il racconto dei racconti, la parola che si narra, intreccio di emozione e divino, folgore e sentimento, amore e invidia. Storie di storie incastonate nel tempo, il triplice ritmo della generosità s’intreccia nelle mani delle sorelle. Spirito e sentimento. La classicità è pathos e ci siamo sbagliati nel credere fosse bianco. La colpa è la vendetta dell’antenato, Tempo, che ne ha portato via i colori.
Ecco che tutta la storia s’inganna ma noi siamo sicuri. Quasi rassicurati da questa idea acromatica, siamo felici e sicuri in quell’approdo, guardiamo la tempesta e ne sentiamo l’elettricità, forti della nostra idea. È il pensare che però ribalta l’assunto. Oggi, XXII secolo che avanza, sappiamo che il bianco non è che la somma di tutti i colori, tutta la dirompente cromaticità che faceva di queste statue persone immobili a sconfiggere il tempo, colori che si sono smarriti, negazione che afferma il ῥεῖ.
L’estetica neoclassica ci assicura alla terra mentre il turbine ci sorpassa. È giunto il momento di guardare Amore negli occhi, ora è il momento che la rivoluzione accada. E le mani sono fatte per restituire il cielo, sprofondare queste diafane sculture fra cosmi di galassie rivoluzionarie. Affondarle nel velluto di prati e seta glicine delicato. Oro, verde e colore che si lascia colare, carta collage e grafite. La bellezza è dirompente, la bellezza è il fuoco intorno a cui ballare. Andrea, sacerdote con il gesto elegante, invita alla ribellione. Il bianco riattiamolo di vita.
Che non venga più la voglia di essere immobile, ebbri danziamo questa policromia perfetta.
Arturo Del Muscio "D'après RAFFAELLO"
Il cielo è terso, le nuvole spalancate sui sensi ci affascinano nel fluire della stoffa. Pittore della materia, scultore della luce. Eleganza. Il blu così acceso nelle pieghe del maphorion, il rosso così soffice nelle maniche degli abiti; simbolo di eleganza e ricchezza, le maniche più dell’abito sono il fulcro della raffinatezza, rosse o verdi, di velluto o raso. Eleganza. Nei veli fra le mani, nella piega della testa.
Un guardare attraverso raccontando l’intimità dell’amicizia, del bambino che gioca con sua madre. I colori sono un linguaggio, raccontano i sentimenti e non esiste alessitimia nella monocromia, anche quando il colore si strappa, la carta si dipinge e la pittura si fa carta.
Scomporre il mito in colori nitidi e ritrovarlo lì intatto, esperimento di evocazione e maestria.
Noi ora lo conosciamo e riconosciamo il prima e il dopo di lui, masse di colore plastiche, raffinatezza fiamminga e psicologia del paesaggio, pittura che scolpisce. Sintetizzando, strappando e incollando, cesellando brani di carta ecco apparire La Muta, il liocorno stretto tra le braccia. Ecco tornare Baldassare e gli sposi Doni. Ecco che Andrea ci porta nella visione di Raffaello, omaggio sublime al pittore che spaventò la natura.
Ed è Arte che racconta questo 2020 indimenticabile, a vincere e trasfigurare, e la mascherina diventa una tavolozza per continuare a inseguire e ritrarre la bellezza, sia carta strappata o pennellata, segno di grafite.
Arturo Del Muscio "VIAGGIO MEDITERRANEO"
Terra carsica, isola emersa dal mare, penisola
della penisola, che ascende e sul mare si affaccia, ansa, precipizio
panoramico, approdo errante nelle maree. Terra fragile, se l’acqua
scorre la scava, la disegna, aspetta e sperimenta, capovolge il
cielo: appare lago verde, pozza resistente all’assolata
estate. Arenile, scogliera alta, bianco sporco calcare, rosso di
terra residuale. Terra di grotte per tesori, apparizioni e madonne di
calce, terra che quando la guardi è sempre sorpresa, prima volta da
raccontare.
Qui il ficodindia ha trovato
casa, gioiello dei muretti a secco, lungo l’arco
delle litoranee nella sinuosa curva del tornare delle onde, qui è
diventato una fioritura sporta alla luce meridiana che inonda ogni
cosa, seme di deserto che non è più solo. Pianta che si difende
con spina sottile - se la tocchi la senti, foglia come goccia, goccia
su goccia cresce, pianta d’oltreoceano colore di pietra. Fiore
d’incanto, impossibile da ignorare, giallo splendente, frutto
appariscente rosso, arancione cupo, bianco, festoso in grappolo
oppure timido e assorto. Colore opaco ma netto, succulento
splendente, sotto la pelle riluce, lampadina granulosa, luminaria di
festa perenne al limitare dei campi per strade impolverate.
Quanti colori questo fenomeno
botanico portato per stupore, qui, in questa terra di barocco
stupore. Scoprire che la pala non è foglia ma ramo adattato a
custodia per acqua preziosa, acqua leniènte, acqua dove l’acqua
è rara, strumento per lavare coltelli e dissetare la fatica delle
bestie. Osservarlo è un sentimento cui non si può sfuggire,
sempre nuovo a ogni inclinazione del sole, innamora lo sguardo. Il
ficodindia è un filare di sipario che ritaglia l’orizzonte
con la pala e il frutto.
In questa terra sottile la
pazienza insegna all’uomo
che l’acqua è profonda, come vene sotto pelle si nasconde, e se
non cade in cielo sta; gli dice che ancora bisogna portare la pietra
alla parete del muretto, confine, mutua sintonia fra uomo e
paesaggio. Eccolo qui, frutto mistico dell’errante arrivato da
lontano.
Tu lo hai mai guardato?
I turchi l’avvelenarono,
il padreterno l’addolcì,
infine l’uomo ne
vinse l’enigma con
l’arte del gesto:
acqua che lava la spina, coltello veloce che ruota, incide e squarcia
la buccia. Rimane la dolcezza testarda.
Tu lo hai mai disegnato, mai
raccontato?
Visitatore se il tuo sguardo sa
vedere osserva, se hai pazienza ritaglia e dipingi, crea. Ecco il
ficodindia, pianta totemica, rivelatrice, incantesimo per chi,
incantatore, sa guardare.
Arturo Del Muscio "IL CIELO E' UN VUOTO CHE CAMBIA COLORE" "OMBRE NOMADI"
Il cielo è un vuoto che
cambia colore, uno spazio infinito che oltre
l’atmosfera arriva al centro del movimento. Se solo ciò che è
vuoto, ciò che si svuota, può contenere, dove volano le farfalle? È
un contenitore quindi il cielo, dei pensieri, di una notte dei
desideri, delle farfalle. Se ti chiedono di che colore è risponderai
azzurro, ma quanti colori cambia? Rosso,
celeste, viola, nero. Quattro stati ma sarà sempre celeste, il
cielo, perché è così che pensiamo le cose, immobili nel loro
mutare.
È la luce a dar colore all’incolore, una velocità
assoluta, la curvatura che dà forma allo spazio. La luce con la sua
presenza denota il contorno delle cose ne prova la presenza, mai il
contenuto; con la sua assenza ingigantisce lo spazio, lo allarga fino
a contenere l’infinito, nell’ombra tutto ha spazio. Per noi di
carne e ossa, pensieri costanti, l’ombra è un doppio
in continuo mutamento, bidimensionale, un contenitore in cui
lasciar sedimentare. È un contenitore l’ombra, tutto là
dentro perde la propria forma, eppure senza non la dimostra.
Traccia allungata nel tramontare o schiacciata fra i piedi nel
mezzogiorno, l’ombra è la prova dell’esistere. Anche le farfalle
hanno un’ombra, ali di scaglie, polvere di colore, ci ammaliano e
non la notiamo se non quando guardiamo a terra e ci ricordiamo di
poter volare.
Il mutamento che si
realizza e la leggerezza che genera tempeste, sono entrambi segreti
che le farfalle e il cielo conoscono. Un segreto codificato come un
tango, separarsi dall’ombra è impossibile come ballarlo soli. È
un fiore che si difende e ha imparato a volare, la farfalla, ed è
una danza delle cose che ci sono, in controluce, la forma.
Nomadi, di
fiore in fiore in continuo andare, le farfalle si trasformano e
lasciano che il cambiamento accada, non concedono spazio
all’insinuarsi del dubbio. Le farfalle sperimentano il piccolo,
suggono il fiore e attraversano gli oceani. È un viaggio
imperscrutabile, linea curva, consecutio di bivi, diagonali per
assecondare le orbite, una spirale che ci porta ad assomigliare
all’essenza.
È un gioco aspettare il cambiamento, non bisogna
lasciarsi vincere e disperdere il tempo nel cullare il bossolo, le
costellazioni del desiderio arrivano solo lanciando i dadi.
Le
farfalle lo sanno. Il bruco fila la crisalide ma non si perde. Ombre
leggere che ci danzano intorno, le paure dell’infanzia sono ombre
che nascondono i dubbi e le incertezze, ma è nell’ombra che
accogliamo speranze, facciamo l’amore e lasciamo spazio al sogno.
Nell’ombra che contiene tutto e ci fa danzare intorno al sole, al
caldo e al sicuro.
Mino Mazzarelli "PAN THALAS"
Arturo Del Muscio "#ORIENTALFOODEXPERIENCE"
Respirare.
Poter scegliere di non comunicare. Mangiare. Poter scegliere di
astenersi.
Le esigenze primarie di un uomo possono essere riassunte
così: decidi cosa dire, non fare, fai entrare l’aria ad allagarti
i polmoni, involontariamente, affronta l’universo per concentrarlo
fra le tue mani, cucinalo.
Banana Yoshimoto ed Io crediamo davvero
che la stanza tutta per sé sia una cucina. Solo in quel luogo ci
incrociamo con gli altri e tessiamo senza filtro il nostro esser per
gli altri.
La cucina è un racconto in prima persona: <<Ti
preparo un caffè>>, <<Nel cassetto in alto>>, il
gesto per, l’abitudine di organizzare il proprio mondo.
Cucinare
significa avere consapevolezza. Cogliere un frutto sicuri del suo
sapore perché il giusto colore è quello della sua scorza, scegliere
quell’ortaggio perché ha la giusta consistenza, sapere che il sale
ha la memoria del mondo e che aggiunto al caffè ne amplifica
l’aroma. Conoscenza e curiosità, regole e metodologia.
La
necessità si articola in complicazioni, ordine e saper confondere,
ottenere l’uno dai più ingredienti.
Il cibo è colore, apparenza,
geometria, bellezza.
Il disordine o il semplice gesto arrivato a noi
attraverso i millenni della nostra famiglia. Non siamo solo quello
che mangiamo, siamo soprattutto il come lo cuciniamo. Come decidiamo
di demandarlo affidandoci ad altri e disinteressandoci.
Nulla ha la
capacità di raccontarci di più, neppure le nostre stesse parole, di
quello che può l’abitudine di sistemare una tovaglia per uno o
scongelare precotti.
Siamo noi stessi una pietanza che con il tempo
sappiamo preparare ed impiattare. Ci scegliamo e decidiamo, ci
mostriamo.
Il cibo è racconto.
Raccontiamo l’interesse, il peso
che qualcuno ha nel nostro cuore. Raccontiamo di viaggi, di quelli
non fatti, la traduzione nostra di pietanze esotiche, di viaggi fatti
e rimasti indelebilmente nell’abitudine di riproporre un sapore
incontrato.
Il cibo è la parola che non necessita di esser
pronunciata. Dizionario immaginifico del mondo.
Dipingere il cibo è
questo. Condensare l’uomo, i vizi, le passioni, le ossessioni,
prendere il pieno contatto, lasciarsi andare alla penetrazione e
tornare a galla nella condensazione, sapere che la necessità è la
prima prova dell’esser vivi.
Nadia Presotto LE ORCHIDEE DI ANDREA MATTIELLO
Abbandonate le grandi narrazioni, le profondità di tematiche filosofeggianti, gli artisti oggi si misurano con minime narrazioni, cioè con la precarietà e l'anonimato di piccoli fatti quotidiani che costituiscono la soggettività e l'unicità del nostro complesso esistere.
Oriana Racovaz RI.CERCA.SI Galleria OR
Le opere di Andrea Mattiello in mostra a cura di Oriana Racovaz presso la Galleria Or di Genova sono una piccola ma nutrita selezione di opere recenti su tela e su carta che vanno dal 2009 al 2012.
Le piccole tele esposte fanno parte di un progetto più ampio costituito da 150 opere di formato 20x20 cm realizzate con tecnica mista su tela, appunto, nel 2009 e raccolte nel catalogo “IDENTIKIT”, che accompagna la mostra.
Le opere su carta risalgono al 2010, anch'esse tecniche miste, sono parte di un ciclo di opere di formato 20x25 cm realizzate su carta Fabriano.
Il tema principale di questi lavori è legato al tema della “nascita” e alla conseguente ricerca di definizione di se' e del rapporto che lega l'uomo alla realtà che lo circonda, il tutto rappresentato dal “feto-icona”, piccolo essere raggomitolato
su se stesso (apparentemente indifeso ma portatore di grande forza) pronto a sbocciare e ad aprirsi alle esperienze del mondo esterno.
I lavori sono caratterizzati da una dominante di colore grigio (nelle varie sfumature) su cui il colore si aggiunge in un secondo momento, a poco a poco, timidamente per diventarne poi protagonista, quasi a simboleggiare un percorso nella coscienza e nella consapevolezza, una sorta di “conoscenza” alla quale si accede attraverso il percorso che ci fa attraversare la nebbia (grigio) per giungere alla luce (colore).
Il lavoro metodico di indagine sullo stesso soggetto, e quindi su se stessi, porta all'assimilazione di esso e alla conseguente volontà di indagare la realtà esterna, alla curiosità di aprirsi a nuovi temi, a scoprire un mondo “fuori”.
E' così che nascono le opere su carta, svincolate da qualsiasi filo logico o progetto mentale, ma aperte a qualsiasi idea-soggetto pronte a lasciarsi contaminare da qualsiasi influenza.
E sono i fiori, la natura e gli oggetti quotidiani, i contatti umani, sogni e pensieri in totale libertà i nuovi protagonisti dell'attuale lavoro dell'artista.
Esempio di questa nuova libertà sono le due grandi tele, “Albatros” e “Visione notturna”, entrambe cm 80x100.
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L'arte nasce come traccia rituale in un percorso nomade e arriva a noi su pareti di roccia, in rilievo, incisa, dipinta con terre, carbone e grassi animali. Dal rito propiziatorio di allora al gesto liberatorio di oggi il passo può essere estremamente breve o lunghissimo a seconda dei punti di vista. Oggi chiamiamo graffito il gesto ribelle nato da mani e menti creative che qualche decennio fa hanno cominciato a coprire di segni e colori tutto ciò che sul loro cammino incontravano. Artisti come Basquiat e Haring - per i quali i riferimenti formali, attraverso Penck, Dubuffet, la Pop Art, Siqueiros, certo Surrealismo, Klee, l'Espressionismo tedesco, Schiele, Ensor, possono arrivare fino alla pittura rupestre - hanno il loro giusto posto nei più grandi musei del mondo. Anche la pittura di Filippo Biagioli e Andrea Mattiello può essere ascritta a questo modo di vivere e intendere l'arte che imprigionare in un solo stile può diventare riduttivo; si potrebbe parlare piuttosto di quel modo assai efficace ed energico, istintivo eppure, a volte, quando occorre, esattamente calcolato di coprire una superficie con segni e colori che potremmo definire senza tempo, "stile umano".
Filippo Biagioli IDENTIKIT
Dores Sacquegna THE EON IS A CHILD PLAYNG
andrea mattiello "nursery" installazione composta da 16 tele cm 20x20; acrilico, smalto e grafite; 2008 |
ΠΑΙ
THE EON IS A CHILD PLAYING
MOSTRA ITINERANTE ALEXANDROPOLIS, ISOLA DI SAMOTHRACE, TECHNOPOLIS ATENE, RUSSIA, CINA
IL TEMA DI QUEST’ANNO È “ΠΑΙ THE EON IS A CHILD PLAYING/L’ETERNITÀ È UN BAMBINO CHE GIOCA” E CHE VEDE PARTECIPI IN QUESTA GRANDE ESPOSIZIONE ITINERANTE, ARTISTI DA TUTTO IL MONDO CON LA MISSION DI RIEVOCARE L’ARCHETIPO DEL FANCIULLO IN UNA DIMENSIONE SPIRITUALE ED INTELLETTUALE. LE OPERE DEGLI ARTISTI IN MOSTRA ENTRERANNO A FAR PARTE DELLA COLLEZIONE PERMANENTE DELLA PINACOTECA DI SAMOTHRACE.
ΠΑΙ THE EON IS A CHILD PLAYING – testo di Dores Sacquegna
Ritorno alle origini è un richiamo al senso della vita, e ha come obiettivo comune quello di analizzare aspetti e temi che ruotano intorno alle grandi domande sulla nascita e la condizione dell’uomo e sul mito e la maternità. Protagonisti di questa doppia personale, due giovani artisti dell’area toscana ed una collaborazione professionale che dura dal 1999 quella tra Andrea Mattiello e Rossana Bonciolini e che si sviluppa con un approccio all’arte attraverso differenti discipline: pittura e disegno per Andrea e scultura policroma per Rossana.
Per Andrea Mattiello l’ossessiva ricerca sul cerchio che diventa cellula, origine, sfera, perfezione, contenitore di informazioni, i geni che determinano ogni organismo vivente. Le figure emergono dal fondo sospese in composizioni dai forti contrasti cromatici che rendono articolato e dinamico il rapporto tra l’individuo e la realtà che lo circonda. Un piccolo uomo raggomitolato su se stesso in posizione fetale concentrato sul mondo.L’artista compone una serie di installazioni pittoriche (Nursey, Baby on red carpet, Conversazione, In my memory, Croce e delizie, Baby-light, Piccoli di Kappa, etc) dei pochoir dal sapore pop per ricreare nello spettatore una nuova sensorialità, quasi ipnotica, mimetica, cangiante ad ogni apparizione, ad ogni punto di vista. E così nel gioco ludico dei colori emerge il soggetto ed il suo spazio.
Rigorose e sottilmente poetiche le sculture in terracotta policroma di Rossana Bonciolini che riflette su temi come amore e psiche, maternità, madre,erotismo, prosperità con un segno coloristico tribale e che ricorda gli antichi disegni rupestri legati ad ancestrali simbologie di caccia e di matematiche nascoste. Nel suo lavoro porta con sé una tensione semplice, lineare e allo stesso tempo vorticosa che trasfigura le opere e le spinge verso un centro profondo e infinito (vedere le opere legate al caos cosmico : come Galassia, Futura,Guerriera di luce, Marea, tempesta tra Terra e Cielo). Vari sono i materiali usati: terraglia bianca e colorata, argille refrattarie, argille rosse e policrome o smaltate che restituiscono un senso di sacralità alla rappresentazione. Per entrambi gli artisti, immobilità e dinamismo creano una sintesi tra sperimentazioni pop e senso di ritorno all’origine, in un vorticoso tunnel verso la luce di una contemporaneità pittorica e visiva più che viscerale.
Elsa Nervo CELLULE
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L'attuale produzione artistica di Andrea Mattiello rappresenta una intensa ed importante fase di selezione e di sintesi.
Elementi già presenti in opere precedenti, liberate dei loro contesti, sono ora approfonditi ed utilizzati per un nuovo progetto pittorico.
La sensazione è che Andrea abbia scelto con sicurezza le figure che nel segno della continuità gli consentono di presentare il suo attuale sentire. La riflessione enucleata con convinzione e chiarezza si concentra sull'Uomo come soggetto biologico e scrigno di valori.
L'omino fluttuante, prima sagoma piatta, diventa tridimensionale in quanto si materializza; la sua figura appariva corpo vuoto in un ambiente pieno e denso, ora diventa Persona.
"Cellule" è il soggetto delle opere recenti.
Struttura costitutiva degli organismi, la cellula è essa stessa organismo quindi simbolo di Vita.
La rappresentazione pittorica piena e colorata richiama in modo forte l'attenzione dell'osservatore sul significato della vita e sui valori etici e culturali dell'uomo.
Il filo rosso, rappresentato già forse in cerca di nuovi significati, diventa filamento interno alla cellula, condizione imprescindibile per la sua stessa esistenza. Il simbolismo porta oltre alla cellula e focalizza il pensiero sull'essenziale della vita: il filamento di DNA che è sintesi di tutto ciò che riguarda la vita.
La figurina fluttuante è ora organismo reale e anche portatore di informazione e di conoscenza. Colori brillanti e bene assortiti, sfondi sereni e armonici, tratti decisi e figure discrete danno forza e carattere alle opere di quest'ultimo periodo.
Appare evidente il processo di maturazione dell'artista , la continuità della sua ricerca tecnica ed espressiva, il desiderio di guardare sempre più dentro all'Uomo e coglierne gli aspetti più nobili ed i valori più profondi e significativi che possano promuovere comportamenti coerenti e corretti.
La conoscenza è la luce dell'umanità e Andrea esprime con convinzione " c'è bisogno di luce ". Le opere sono sempre positive, lasciano trasparire serenità e fiducia in un'evoluzione salvifica dell'Uomo. L'omino non è più in balia del mondo esterno ma è capace di capire e decidere: la sua testa piena pesa e gli impedisce di volare, sarà il sapere a rimettergli le ali e fargli ritrovare la sua identità.
La vivace creatività artistica e l'intenso lavoro introspettivo daranno sicuramente ad Andrea idee ed argomenti per raccontarci ancora tanto di noi tutti e del nostro vivere.
Elsa Nervo PEOPLE OF THE WORLD
Andrea Mattiello ha realizzato un'opera, "People of the World", che ha fornito la spunto per tanti lavori che nell'insieme sono l'espressione di un gioco articolato di composizione grafica e pittorica.
Quattro elementi semplici e ben distinti sono tessere da unire o disgiungere.
Con la vivacità del ragazzo che si lascia prendere dal gioco del momento Andrea Mattiello racconta varie storie e propone percorsi differenti invitando altri a partecipare al dialogo. In poco più di un mese (Agosto 2008) l'artista produce 303 lavori di rielaborazione, sviluppo ed approfondimento dei temi di base : maschera, volto, cerchio, lampadina.
Andrea si esprime con una grafica netta decisa e ben tracciata. Figure ordinarie e quotidiane diventano argomenti di riflessione, simboli di emozioni e sentimenti.
Il titolo della serie "People of the World" sintetizza bene il pensiero dell'autore che ci presenta Gente del Mondo in modo essenziale: egli sa evidenziare con forza l'importanza della "comunicazione": fenomeno chiave dell'essere, del sentire e del sapere.
La Maschera è finzione, puo nascondere, ma è anche mezzo per esprimere e per dire.
Con Volto, Occhi, Bocca e Mente l'Uomo può mettersi in modi diversi in relazione con l'esterno: trasmettere e ricevere.
Il cerchio diventa cellula, origine, sfera, perfezione, insieme, contenitore di informazioni : i geni che determinano ogni organismo vivente.
La Lampadina è luce ed energia, condizione essenziale per la Vita.
I colori forti di sfondi, linee ed oggetti rendono attiva e dinamica l'opera pittorica mettendo in risalto i soggetti o il soggetto tematico presentato.
Talvolta l'artista fa riferimento nello specifico ad una questione, uno spunto culturale, una proposta da discutere. Altre volte egli narra lasciando liberi i suoi pensieri e richiamando così l'attenzione dell'osservatore per nuovi percorsi ed altre considerazioni. Molti sono i lavori che aprono temi diversi da rielaborare ed incrociare, smontare e riassemblare.
Le composizioni realizzate con materiali diversi, insoliti ed occasionali, sono esempi forse ingenui ma molto rappresentativi del continuo impegno di ricerca dell'artista.
Elsa Nervo DETERMINAZIONE La sperimentazione " People of the World " si è conclusa con proposte interpretative diverse. |
Ognuno ha potuto giocosamente e liberamente comporre e scomporre gli spunti che l’artista ha dato con i suoi lavori di ricerca.
Franco Ruinetti
Un uomo geometrico, certamente disegnato, ma sembra fatto di carta, nuota nel cielo della notte oppure nelle albe fredde, suggestive e mai così pensate precedentemente. E’ dato incontrarlo in varie opere pittoriche di Andrea Mattiello. Diciamo che è un simbolo fortemente allusivo. E’ l’uomo di sempre, sempre più attuale e vero. Risulta stretto e costretto negli spigoli della geometria, delle regole, però tende verso l’alto, alla libertà, verso i valori della bellezza, del mistero e della poesia. Ma la creatività va oltre e, nella continuità del linguaggio,raggiunge esiti che sorprendono. Ogni quadro è come un colpo di sonda dentro l’uomo, dentro se stesso. Ecco, quindi, combinazioni di immagini, essenziali per una sintesi acuta, che portano alla riva della coscienza motivi colti nelle profondità dell’io.
Il silenzio è nero come il buio fitto che s’incontra e scontra col rosso carico di energia vitale. L’intonazione generale di ciascuna opera tende a trasmettere, in chi si ferma e guarda con attenzione, un senso di quiete e nello stesso tempo accende curiosità. E’ piacevole sostare in queste ombre peste, che talvolta contengono vedute aeree di blu cupo formicolante di stelle, ma poi ci si chiede quale sia il significato, cosa voglia dire l’una o l’altra proposta.
In un dipinto compare la sagoma scura di un uomo. Al posto della testa c’è il vuoto del cielo. Sulla camicia è impresso un cuore. Si affermano sovrani l’equilibrio, la compostezza grafica. Poche immagini, ricco il significato. L’amore vince sul raziocinio e solleva l’essere umano negli spazi siderali. Talvolta, davanti a certe esecuzioni artistiche di Andrea Mattiello, si resta sconcertati e in esse, da principio, ci si perde. Quei colori attraggono, quei percorsi segnici sono come una musica che quantomeno fa compagnia. E poi, magari, in tanta libertà espressiva, ecco una linea rossa diritta, un tracciato rigido e rigoroso. Allora vengono in mente delle idee e forse, ciascuno a suo modo, comincia a capire e prova soddisfazione.
Certi dipinti, dalle forme spesso così scarne, portano lontano. Sembra conducono nelle radure del tempo, ci fanno sentire cittadini dell’universo.
Elsa Nervo AMERICAN DREAM
Il ciclo " american dream " segna un momento di sofferta maturazione dell'artista.
I tragici eventi dell'11 settembre in America, le tante vicende belliche in atto in diverse parti del mondo, timori, paure ed incertezze evidenti nelle popolazioni hanno un forte impatto emotivo sul giovane pittore. Egli sente il bisogno di esprimersi ed inizia un percorso alla scoperta di "se stesso " e dei sentimenti profondi che determinano l'agire dell' Uomo. Le opere del ciclo -american dream - si caratterizzazo per l'intensità dei colori, la dinamicità e l'articolazione della composizione. Elementi di fondo che richiamano la realtà esterna: palazzi, stelle e striscie, grafici e monete sono i riferimenti alle vicende che stavano minando il sogno americano e non solo. In primo piano una semplice architettura bianca porta l'osservatore a considerazioni sulla realtà interiore. La solida struttura del tempio diventa la grande forza che può dare fiducia all'uomo e riaccendere la speranza nel futuro. Gli omini producono un grande sforzo per sorreggere il tempio perchè sono consapevoli del fatto che solo così si potrà ricominciare a costruire. Il giovane artista rompe con gli schemi pittorici precedenti per cimentarsi in una ricerca personale tra illusioni e disillusioni. I quadri di Andrea Mattiello ricordano bene ansie e dubbi di quei tristi giorni della nostra storia ed aprono la mente alla riflessione su quanto si può dare per se stessi e per la società.
Angelo Calabrese
La grinta di Andrea Mattiello è tutta dentro la sua scelta pittorica: una forza pensosa, ironica per radici, che alimenta un repertorio di evidenze, assemblate come in un puzzle, in un caleidoscopio di compresenze, lucide a smalto, attrattive quindi per meglio proporsi all'occhio del fruitore che dopo il facile incantamento della pelle festosa, avverte il disagio del suo tempo mercificato in un inferno senza riscatto.
Ho avuto occasione di meravigliarmi della sua vasta produzione, che denunciava la festa frenetica al potere del danaro con i miraggi dei grattacieli, con le mistificazioni che propongono idoli di libertà nei ritmi frenetici dei consumi: c'erano le monetine e le monetone che, come "ultracorpi", invadevano i residui spazi umani e non davano possibilità di ri-connessione al multiforme cromatico caotico che pubblicizza appunto la festa del nostro disastro.
Una coerente evoluzione, ed un'altrettanto maturata consapevolezza, hanno essenzializzato la pittura di Mattiello: i suoi labirinti tragici, e a festa, trovano i passi in fuga della sagoma umana, il suo vagare al vano, ora che ha il medesimo spessore della pubblicità pubblicizzata: il pupazzo, senza sogni e senza innocenza che, se vuole esistere, deve produrre solo per consumare. Intorno c'è un guazzabuglio di cose, c'è il degradato verniciato, ci sono le facciate; manca la corporeità degli uomini, è vietata la scelta comportamentale, sono traditi gli istinti.
Andrea Mattiello nella sua ironia grida forte: esige che gli siano, come uomo, restituita i piedi per andare, le mani per fare, il cervello per pensare, perché non si trova nelle identificazioni di vita e merce dì un mondo che gioca al massacro, che inventa streghe e magie nere, torture e crocifissioni, genocidi e fanatismi vendicativi solo per innalzare torri babeliche di miliardi al dio consumo.
Intanto fumano le macerie, i bambini muoiono, la violenza incalza, lo spreco vernicia di sangue gli astri del 2000.
Le sagome burattine di Andrea Mattiello danzano sul deserto di scacchiere sulle quali potenti burattinai guidano i fili tesi che li fanno agire. Ignoti i burattinai, forti gli interrogativi; forse le stesse tessere di un puzzle, chissà dove e quando pensato, si sono perdute e gli uomini che hanno in testa il denaro, che hanno le sembianze dei protagonisti celebrati sulla carta moneta, avranno la medesima sorte della valuta in tempi di svalutazione.
Il rischio di nuovi credenti in una società divaricata, lontana dalla scintilla creativa cara al gesto michelangiolesco è fortemente avvertito nel terzo millennio: il prezzo è il pregio.
Andrea Mattiello è bene avviato e opera con molta coerenza; ha una fantasia forte e organiche scelte cromatiche che rendono alla giusta evidenza il suo progetto creativo: gli artisti agiscono per chiaroveggenza e intuizione.
Chi ha gli anni dalle ombre lunghe lavora di memoria, apprezza la gioventù impegnata e, intanto, torna col pensiero a "Purgatorio dell'Inferno" dell'incisivo Edoardo Sanguinetti. Tra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta il poeta giustapponeva, enumerandoli, una serie di oggetti, di personaggi, di eventi storici, e, dietro ogni cosa o fatto, invitava il figlio Alessandro a girare pagina e vedere il denaro. Dal cielo dei satelliti alle autostrade, alla moda, ai libri, ai prodotti industriali, alla spesa quotidiana, agli inganni dei sensi e dei sentimenti, ai falsi della storia e delle ideologie, sempre, voltando pagina, si vede il denaro. E poi? Erano tempi insospettabili eppure ad Alessandro veniva dato come scontato:
"... e questo è il denaro,
e questi sono i generali con le loro mitragliatrici, e sono i cimiteri
con le loro tombe, e sono le casse di risparmio con le loro cassette
di sicurezza, e sono i libri di storia con le loro storie:
ma se volti il foglio, Alessandro, non ci vedi niente:".
Attenzione ai due punti in conclusione, indicano che il discorso si ripete. |
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