Lunga secoli è la storia delle bambole. Realizzate a scopo votivo rituale, se ne trovano traccia nelle più antiche civiltà. Successivamente esse sono divenute oggetto ludico, per una sempre più diffusione di massa. Le bambole sono state costruite utilizzando i materiali più vari, come per esempio carta, cartone, legno, porcellana, lana e le più varie forme e dimensioni, il tutto teso a realizzare questi preziosi “oggetti” di svago. Ma c'è un'importanza più profonda e archetipica che avvolge l'oggetto “bambola”, un valore che supera il mero passatempo o l'essere semplicemente un oggetto di arredamento. Innanzitutto la bambola (pupazzo o bambolotto, a seconda dei materiali con cui è creata) è la raffigurazione più o meno caricaturale dell'uomo, un legame diretto questo che fa innescare un rapporto intrinseco tra i due, quindi tra il “giocattolo” e il suo proprietario, fatto da un gioco di scambi e relazioni, nel quale il fruitore può immaginare, manifestare e concretizzare tutte le sue ansie, i suoi dubbi, le incoerenze e le paure.
Le bambole dunque, si collocano di diritto come uno specchio della società, del territorio, dei suoi abitanti e della loro tradizione e ritualità. Questo filo indissolubile e rituale connette l'Africa centro – occidentale (Camerun), l'America centrale (Isole San Blas, coste Panama e interno foreste della Colombia), l'Europa del sud (Italia, area nord Toscana) e l'Asia orientale (Giappone), luoghi dove oggi vive una forte ritualità legata a queste raffigurazioni. In Africa nell'area camerunese la tribù Namji realizza in legno bambole che poi verranno arricchite con perline, piume, stoffa e molti altri elementi. Il loro scopo ultimo è essere destinate alle bambine, le quali potranno giocarci e contemporaneamente ricevere da esse un influsso propiziatorio riguardante la fertilità. Tali bambole vengono battezzate con un nome, vengono nutrite e curate dalle bambine che le portano sempre con loro, creandone un dialogo ininterrotto. Tutto questo rito contribuisce a preparare la giovanissima donna Namji alla futura maternità.
Non a caso ho inserito le mie “Gio'o doll” in questo articolo, perché anch'esse, come le bambole Namji. servono per “propiziare”. Il nome delle mie creazioni deriva dalla parola “gioco” che nel dialetto della mia zona (Serravalle Pistoiese) diventa “gio'o” (con la “c” aspirata). Ho scelto questo nome perché il gioco, è da sempre parte integrante dell'essere umano in qualsiasi fascia d'età. Giocare è la maniera più facile per apprendere e per imparare a relazionarsi con gli altri e il mondo che ci circonda. Le bambole sono perfette per questo scopo. L'aspetto rituale delle “Gio'o doll” non è nell'atto finale della figura compiuta, ma è nell'atto della creazione che io eseguo al pari di un vero e proprio Mantra. Mi sento molto spesso solo, ma non una solitudine fisica di chi non ha nessuno intorno a sé, piuttosto una solitudine assoluta che per certi frangenti assume quasi l'aspetto di un doloroso “vuoto interiore”. Ciò mi crea sofferenza che fa nascere il mio continuo bisogno di calore umano. Tutto ciò lo colmo con il rituale creativo delle “Gio'o doll”. La sacralità e i gesti ripetitivi che partono con lo scegliere il legno con cui verrà realizzata la bambola, fino a divenire opera compiuta colorata e decorata, è una sorta di preghiera ripetitiva la quale ha il dono di placare il mio star male. La bambola da me realizzata ha avuto, quindi, la funzione di proteggermi dal demone della solitudine e diventa inoltre la custode del ricordo legato alla sua realizzazione, in cui durante tutte le tappe del processo non mi sono sentito solo.
Filippo Biagioli Gio'o Doll, Italy (Serravalle P.se)
L'aspetto protettivo e curativo si accentua ancor di più nell'area centro americana, dove il popolo Kuna (Cuna), circa ventimila persone viventi tra le isole San Blas e l'interno delle foreste colombiane, realizza delle “Spirit doll” chiamate Nuchu. Sono costruite in legno e possono spaziare da un aspetto esteriore più semplice e istintivo fino ad uno particolareggiato e più elaborato. Mi suscita curiosità come le “Nuchu Doll” non siano realizzate da una sola persona predisposta a ciò, ma da due entità, come se la creazione di un oggetto rituale (la bambola in questo caso) sia un percorso di arricchimento tramite passa-mano all'interno di una tribù, anziché il risultato di una singola lavorazione dello sciamano (curandero, medico di medicina tribale o qualsiasi altro nome con cui vogliamo definire la guida spirituale e curativa della società tribale). Il primo passo nel cammino realizzativo viene fatto dall'intagliatore che ne decide la forma in base alle proprie abilità, dopo di che la bambola scolpita passa al medico di zona, che ha il compito di introdurre uno “spirito” in queste figure. Lo spirito che troverà casa dentro di esse è sempre positivo, tendente al bene, non sarà assolutamente negativo, maligno o nocivo per le altre persone, poiché il valore rituale di queste bambole in legno si trova proprio nella protezione della salute del suo proprietario. E' credenza popolare infatti, che gli “spiriti cattivi” o “maligni” entrino nel corpo della persona malata per ostacolarne la guarigione. Le bambole Nuchu servono ad impedire che tutto ciò, avvenga.
Grande importanza agli spiriti malvagi e alla salute è data dall'antico rituale dello Hina Nagashi eseguito in Giappone durante lo Hina Matsuri (Festa delle Bambole). Credenza vuole che queste bambole di carta o paglia, in due dimensioni (ma le usanze variano talvolta da regione a regione), possano attrarre e trattenere gli spiriti maligni e le malattie delle giovani donne, perciò nella giornata della Festa, c'è l'usanza di posare tali bambole lungo un corso d'acqua in modo che la corrente porti via la bambola e con essa le malattie e gli spiriti maligni accumulati durante tutto l'anno.
Lo scopo del rituale legato alla raffigurazione della bambola cambia, come abbiamo visto, da zona a zona. Il carattere di unione che lega l'importanza rituale delle varie zone però viene ritrovato nella effettiva considerazione e collocazione di questa raffigurazione umana a cavallo tra l'Umanità, il popolo che concretamente vive e calpesta la terra, e uno Spirito Superiore, tanto che quest'ultimo, trovando casa nella bambola, diventa un elemento concreto e familiare, una sorta di protettore, guardiano per chi la possiede, fino a creare così tra il proprietario e la bambola un legame indissolubile di arricchimento reciproco.
Un particolare ringraziamento a: Istituto Giapponese di Cultura – Shimogamo-jinja.or.jp – MAP Museo Arti Primarie - C Collezione Arte Primaria C. Felici - Daisy Triolo – Alice Borchi.
Filippo Biagioli
artista arte tribale europea
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